Freschi e dissetanti, i cocktails sono l’anima delle serate estive, che colorano con i loro cromatismi magnetici e sgargianti, appunto, come una “coda di gallo”.

Immagine 3

Ogni bar e locale che si rispetti ha ormai il suo barman pronto a mixare distillati e succhi per creare dolci e gustose miscele per i suoi clienti. Ma la storia dei cocktail ebbe inizio ben prima di aperitivi e discoteche, figlia di età moderna e benessere che hanno saputo trasformare il bere miscelato in un vero e proprio stile di vita. Sebbene non si riesca a collocare il luogo ed il momento preciso della sua prima apparizione, il cocktail è senza dubbio un’invenzione degli States e del XIX secolo. Qui, complici le diverse influenze culturali, il bere miscelato si è potuto progressivamente evolvere, associandosi sempre più fortemente alla musica e alla mondanità: in particolare, è il legame con il jazz a fargli varcare la soglia della vita notturna e del divertimento, elevandolo al ruolo, dapprima, di protagonista e, poi, di perseguitato. Protrattosi negli anni ’20-’35, il Proibizionismo in realtà non fece altro che decretare il sempre maggiore successo delle bevande alcoliche e, soprattutto, stimolò la fantasia di barman e bevitori: in questo periodo nascono, infatti, ricette come il Long Island Iced Tea, un nome ed una presentazione innocui volti a nascondere alla polizia una bevanda tutt’altro che soft. Passata l’epoca dei divieti, il cocktail ebbe modo di sviluppare un nuovo legame, persino più fortunato del primo: quello con il cinema. Anche se i colori erano annicchiliti dal bianco e nero delle prime pellicole, il grande protagonista di molte scene era sempre lui, il cocktail, stretto tra le mani di una bella Rita Hayworth o di un affascinante Clark Gable. Non di minor importanza fu poi il contributo della letteratura, con scrittori del calibro di Hemingway o Fitzgerald, che esportarono attraverso i loro viaggi in Europa i loro drink preferiti. Da qui, la strada per il successo della bevanda colorata fu tutta in discesa: l’“agitato, non mescolato” dell’agente 007 Sean Connery è il leit-motiv dell’intera saga, così come le bottiglie volanti e i drink super colorati di un giovanissimo Tom Cruise (“Cocktail”, 1988). Il cocktail è ormai una star internazionale e vive il suo più alto momento di gloria: ogni paese, ogni cultura contribuisce alla creazione di nuove e originali ricette, che richiamano i sapori del paese d’origine col gusto di distillati e frutti indigeni. E così la lista di ricette si allunga sempre più con pressoché infinite varianti possibili. In questo senso è opportunamente intervenuta la codifica della International Bartenders Association (IBA), che ha stabilito alcune regole in materia di cocktail. Anzitutto, cos’è un cocktail: una bevanda ottenuta da una miscela di due o più liquori e fino ad un massimo di 5 ingredienti, comprese gocce e correzioni, per garantire nitidezza e pulizia di sapori e aromi. In secondo luogo, sono stati progressivamente eletti (oggi sono 75) alcuni rappresentanti internazionali della categoria, la cui ricetta è stata certificata in modo da apparire invariata in tutti i bar del mondo: si tratta ad esempio di Negroni, Manhattan, Cuba Libre, Daiquiri. Un’ulteriore convenzione adottata dall’IBA è la suddivisone dei drink per categoria, a seconda delle caratteristiche costanti di alcuni drink: la divisione tra short e long drink (rispettivamente: una miscela in 6 cl o in 25-30 cl di liquido complessivo) seguita dalla sottocategoria per tutto il giorno, pre and after dinner. Insomma, un tentativo di codicizzare un’arte mondiale, ampia e apparentemente improvvisata qual è quella del bere miscelato, ma che richiede, in realtà, grandissima esperienza e precisione. Perché in un cocktail nulla – dal ghiaccio al bicchiere – è mai lasciato al caso.

Martini Dry
Ingredienti per 1 persona:
6 cl di gin; 0,75 cl di vermouth dry; 1 oliva verde.
Preparazione:
Riempire uno shaker per tre quarti con ghiaccio, versarvi il vermouth e il gin, quindi shakerare. Filtrando, versare in un calice da Martini ben freddo e guarnire con l’oliva infilzata con uno stuzzicadenti.
Curiosità: il celebre cocktail Martini, nato dall’incontro tra il gin e una spruzzata di vermouth, nasce nel 1910 per invenzione di un tale Mr. Martini di origini liguri, diventato barman a New York. Quello con la ditta Martini&Rossi, nata nel 1860 e produttrice di vermouth e amari, è solo un curioso caso di omonimia che ha senza dubbio determinato la fortuna di entrambi.

Mojito
Ingredienti per 1 persona:
6 cl di rum dorato; il succo di mezzo lime; 2 cucchiai di zucchero bianco; 5 rametti di menta fresca; 5 cubetti di ghiaccio tritati; soda.
Preparazione:
In un bicchere, mettere la menta, lo zucchero e il succo di lime, premere delicatamente e poi mescolare fino a far sciogliere lo zucchero. Aggiungere il rum, il ghiaccio tritato e la soda, quindi mescolare bene.
Curiosità: si tratta del cocktail preferito di Hemingway, che amava consumarlo nella Bodeguita del Medio all’Avana, facendolo preparare con una miscela di rum chiaro e scuro. Nella versione europea, viene preparato con zucchero di canna grezzo, menta e lime pestati ed è poi shakerato.

Daiquiri
Ingredienti per 1 persona:
6 cl di rum bianco; 3 cl di lime; 3 cl di zucchero liquido; zucchero.
Preparazione:
Riempire uno shaker per tre quarti con ghiaccio, versarvi tutti gli ingredienti e shakerare vigorosamente. Filtrando, versare in un calice da Martini ben freddo; a piacimento si può inumidire il bordo del bicchiere con del lime e poi passarlo nello zucchero.
Curiosità: anch’esso tra i preferiti di Hemingway – che lo consumava sempre all’Avana, ma nel bar Floridita – prende il nome da una località vicina a Santiago de Cuba. Ha diverse varianti che prevedono l’uso di banana, fragola, pesca e melone, anche nella versione frozen, frullata con ghiaccio.

Negroni, summer passion!

NegroniFirenze, Caffè Casoni, anno 1920: il Conte Cammillo Negroni, come ogni sera, fa il suo ingresso nell’elegante sala del locale e ordina al barman Fosco Scarselli il suo drink preferito, ovvero un “Americano” (Vermouth rosso e bitter) da lui personalizzato in versione più alcolica con un’aggiunta di gin. Il Conte era un cosmopolita e così capitò che il cocktail di sua invenzione venisse apprezzato in particolare da alcuni amici d’Oltreoceano che, proprio negli Stati Uniti, contribuirono da subito alla sua diffusione e successo… Tanto che oggi il Negroni è uno dei pochi long drink italiani di comune consumo anche all’estero. A Viareggio esiste addirittura un club che raggruppa ben 4.200 soci provenienti da 28 Paesi del mondo, tra cui alcuni impensati come l’Irlanda, che ai cocktail a base di whisky pare preferire questo mix dal colore attraente e dal gusto aromatico e freschissimo, facile da preparare, perfetto per l’estate sia come aperitivo che come drink di fine cena. “Il Negroni è come un’alchimia, chiosa Filippo Mori, del Bar Engel Franz Bistrot di Viareggio, nonché fondatore del club, sembra semplice da preparare perché ha tre soli ingredienti, ma il risultato non è mai scontato. Dipende dal ghiaccio, da come si gira, dalla qualità delle materie impiegate. Per esempio, io uso solo il Vermouth Carpano, leggendario liquore nato nel 1785 ed i migliori gin”. Del Negroni esistono numerosissime variazioni, basta dare un’occhiata al sito www.clubdelnegroni.it per scoprirne le ricette più diverse, dal Negroni al miele, alle fragole, al Negroni “sbagliato”, creato negli anni ’60 dal barman Mirko Stocchetto sostituendo il gin con spumante Brut e, addirittura, per i più golosi, i cioccolatini ripieni di Negroni, realizzati da un maitre chocolatier di Firenze. La ricetta originale è stata codificata negli anni ’60 dalla IBA (International Bartenders Association) e prevede precise regole, anche sull’uso del bicchiere. (Manuela Monteforte)

negroni ricetta quadroIngredienti per 1 persona: 3 cl gin, 3 cl bitter Campari, 3 cl vermouth rosso dolce. Preparazione: Versare gli ingredienti in un bicchiere con ghiaccio, girare con cura dal basso in alto. Guarnire con mezza fetta di arancia. (Opzionale: uno spruzzo di seltz e scorza di limone. Variante: uno spruzzo di soda). Bicchiere: Old fashioned o tumbler basso, ma nonostante questo sia il bicchiere per i puristi, molti amano anche il tumbler medio o addirittura quello alto. Filippo Mori considera quest’ultimo (o Collins) il più adatto, anche in virtù della sua eleganza.