vino_bicchiere__400x300_800_800-668x501Il rosé è uno dei vini più antichi prodotti dall’uomo: prima di riuscire a capire e controllare le tecniche di elaborazione dei vini bianchi e rossi, i vignaioli producevano infatti per la maggior parte vini rosé. Fin dai tempi dei Romani spesso si sentiva la parola Clarium, che era utilizzata per questi tipi di vino più chiari, prodotti lungo tutta la costa del Mediterraneo, nel Caucaso, in Egitto, in Grecia ed in Italia. Anche il termine Clairet, con il quale gli inglesi identificavano i vini di Bordeaux, indicava un vino, come la stessa parola fa intendere, quasi trasparente.

Se la Francia è l’incontestato punto di riferimento per questa tipologia di vini – lo si produce al nord, lungo il corso della Loira con le denominazioni di Anjou (vino piuttosto colorato e leggermente zuccherino), Chinon, Sancerre e Reuilly, in Borgogna, nella zona di Marsannay, nella Valle del Rodano dove troviamo poi i rosé di Tavel e Lirac, molto profumati, colorati e moderatamente alcolici ed in Corsica, terra di vini che spesso uniscono un bel carattere fruttato con una mineralità eclatante fornita dal sottosuolo ricco in calcare – è certamente la Provenza la patria di questi vini dal colore rosa pallido che devono essere consumati molto giovani, a parte qualche rara eccezione come nel caso del Bandol, piccola AOC che si affaccia sul Mediterraneo vicino a Marsiglia. In Provenza il rosé costituisce circa l’85% della produzione vinicola, il che significa più della metà dei rosé francesi rappresenta circa l’8% della produzione mondiale. Cifre da capogiro per un vino che ora si prende la meritata rivincita.

In queste terre si trovano diversi vitigni a bacca rossa: la Grenache, Cinsault e Tibouren, daranno delle caratteristiche note di frutti gialli e bianchi (pesche e pere), d’agrumi (pompelmo rosa, limone e mandarino) e fiori bianchi; Mourvedre e Syrah, che sono vitigni più potenti, si segnaleranno con aromi aciduli di frutti rossi (ciliegia, fragola e lampone), di spezie (menta e pepe) e di fiori (rosa e violetta), senza dimenticare la loro mineralità, indice di longevità. Troviamo poi il Carignan, vitigno originario della Languedoc, che darà vini corposi e caldi; anche il Cabernet Sauvignon, ultimamente molto diffuso in Provenza, produce vini analoghi, con la sua caratteristica nota di peperone verde.

Sotto il sole della Costa Azzurra, nelle affollate terrazze dei ristoranti che si affacciano direttamente sul mare, oppure nelle piazzette di splendidi paesini, è un rito sorseggiare un fresco calice di rosé, anche perché ben si accorda con la cucina provenzale, fatta di piatti semplici e saporiti come le verdure ripiene, l’aioli, la bouillabaisse, le grigliate di pesce e così via. La domanda di vini rosati cresce anche in Italia, dove sono ormai note le zone di produzione lungo la costa della Toscana, in Alto Adige, in Abruzzo e in Puglia. Non più un prodotto di nicchia solo francese, quindi, ma che affascina e conquista anche il Belpaese, sempre più sensibile all’appeal, in ogni sua espressione, dei vini rosé. Basti solo pensare al mitico 5 Roses – il primo ad essere imbottigliato e commercializzato in Italia – e ai suoi illustri eredi selezionati con cura dalla Guida ai Vini Rosati d’Italia 2008 edito da Cucina &Vini, completissimo volume dedicato alle regioni più vocate e alle migliori produzioni nazionali, e che rappresenta la “summa” dei vini rosé dalle Alpi all’Etna.

Né carne né pesce, né bianchi né rossi

Ingiustamente denigrati dal pubblico dei consumatori così come dagli addetti ai lavori per la loro supposta scarsa personalità, i rosati sono al contrario vini prodotti con tecniche specifiche e qualità che nulla hanno da invidiare alle altre tipologie.

Uno dei pregiudizi più diffusi, oltre a quello che riguarda la convinzione che siano prodotti miscelando bianchi e rossi (pratica tuttora vietata, leggere articolo qui a fianco), vede questi vini come degli ibridI, né bianchi né rossi, quindi senza una precisa identità. Il colore, come risaputo, dipende unicamente dal tempo di macerazione a contatto con le bucce; inoltre i rosati, vittime senza dubbio di una mancata o cattiva informazione, presentano caratteristiche di spiccata versatilità anche in cucina, permettendo abbinamenti enogastronomici particolarmente equilibrati, specie quando con alcune particolari vivande (tipo crostacei o carni bianche) s’impone il vecchio detto aristotelico “in medio stat virtus”. Inoltre va ricordato che gli spumanti metodo classico rosé sono molto apprezzati dagli intenditori. Perché dunque non accade lo stesso per i vini da tavola?

> La Top Five dei migliori vini rosati secondo Fabio Turchetti

v Trento Rosé Maso Martis
v Cerasuolo Pié delle Vigne Cataldi Madonna
v Cirò Rosato Fattoria San Francesco
v Lagrein Kretzer Muri Gries
v Five Roses Leone De Castris