Enologa Doc, docente ai corsi dell’Associazione Italiana Sommelier, è nel team dei curatori di Duemilavini, la guida dei vini d’Italia pubblicata da Bibenda Editore ma soprattutto è il “tecnico del vino” della trasmissione “La Prova del Cuoco” in onda su Rai Uno, dove duetta con Antonella Clerici e Anna Moroni facendo abbinamenti anche arditi per cibi speciali. Per AROMA un viaggio nel vino che diventa femmina. Con tanto di seduzione e appeal.

Ore 10, ci incontriamo in un bar di San Lorenzo dove mescolate a giovani mamme, ragazzi con orecchini, piercing e treccine, romani autentici e signore con le sporte della spesa in pausa caffè, ci ritroviamo a parlare di vino, anzi dei suoi rapporti con il nettare prezioso, del gossip intorno al suo mestiere, degli aneddoti degli ultimi anni. Lei è Adua Villa, professione enologa, dal volto acqua e sapone ma raffinato come quello di certe attrici francesi, con quel mix di simpatia e understatement che ha conquistato milioni di telespettatori. Mette le mani avanti e confessa di tenere sugli occhi gli occhiali scuri perché è reduce da una serata con contorno di vip dove, complice la regia e la cucina di Gianfranco Vissani, ha degustato 25 (venticinque!) vini fino a notte inoltrata.

La prima domanda è sull’incontro con il vino, o meglio con la cultura del vino. Sì, è scontata, ma la curiosità la fa diventare inevitabile. La prima volta?
Ho cominciato ad appassionarmi al vino per la cultura che le bottiglie si portano dietro. Quando cominci a conoscere il vino e ami la cucina, ogni volta che ci si siede a tavola è un incontro che si rinnova con la cultura gastronomico-vinicola italiana. Ho cominciato con l’Associazione Italiana Sommelier (A.I.S.) tanti anni fa e nel 2000 circa ho cominciato a lavorare con Gianfranco Vissani a Uno Mattina Estate con la conduzione di Paola Saluzzi. Ma ho fatto anche due stagioni estive alla rubrica “Gusto” del Tg5 sotto la direzione di Lamberto Sposini.

Come sei approdata a La Prova del Cuoco?
Sempre attraverso l’Associazione Italiana Sommelier dove nel frattempo ero diventata docente. L’intento e la sfida erano parlare di vino e vitigni alle casalinghe, agli studenti che seguono la trasmissione, agli uomini amanti della cucina. Ma stavolta non da docente bensì con un linguaggio più affabulatorio che tecnico.

E gli ascolti, o meglio lo share, ti hanno dato ragione…
Sì, è così. Ogni giorno arrivano centinaia di mail con domande precise del genere: se cucino una certa pietanza quale vino è meglio comprare, quale etichetta e quale annata. In trasmissione parlo di vitigni (il Lambrusco, il Pecorino, la Passerina, ecc.) ma non di case di produzione vinicola e di etichette. Non possiamo fare di certo pubblicità! Pensa un po’ che anche i bambini ci scrivono perché il sabato c’è la cucina per i piccoli e si danno consigli sui cocktail analcolici. Insomma ormai il pubblico aspetta con ansia il momento dell’abbinamento cibo-vino.

La cosa che ti diverte di più della trasmissione?
Quando i telespettatori riescono ad apprezzare il vino e imparare qualcosa di nuovo con un semplice messaggio breve. Il linguaggio in tv non è accademico come quando si tiene una lezione per addetti ai lavori o ad aspiranti sommelier. Si parla a 4 milioni di telespettatori e li si deve guidare a scegliere un buon vino. Anche al di sotto dei 10 euro. L’Italia può vantare un patrimonio di vitigni autoctoni molto alto ed è facile comprare un buon vino quando si possono spendere 20 euro o anche di più. Il difficile è farlo contenendo la spesa. E noi qualche volta riusciamo in questo a fornire consigli preziosi.

Ma tu non ti occupi solo di televisione..
Esatto. Lavoro anche su Radio Rai 2 in un programma serale, “Decanter”, condotto dall’”Inutile Tinto” e da Federico Quaranta, in onda tutti i giorni dalle 21 alle 23. La mia è la voce ospite del martedì sera e parlo di vino in modo ironico, divertente e dissacrante. Essendo nata in Venezuela parlo bene lo spagnolo e mi diverto un mondo a fare la ispanica frivola che parla di vigne e vino. Insomma in questa trasmissione il vino diventa femmina e si accende di sensualità. C’è anche l’enodisco ad un certo momento e cioè una degustazione in diretta. Singolare no?

A proposito di vino e donne… Negli ultimi tempi sono aumentate visibilmente le iscrizioni “rosa” ai corsi di sommelier, come mai secondo te?
Le donne hanno da sempre maggiore dimestichezza con i profumi – usano creme, unguenti, cucinano più frequentemente – e hanno una curiosità innata verso gli odori nonché un naso più allenato per sentire i profumi del vino. Almeno all’inizio.

La terra e i vigneti, le donne e i figli. Un legame azzardato?
Affatto. A stare in una vigna ci si rende conto di quali frutti dia la terra e di quale legame si crea tra l’enologo e la bottiglia. Il rapporto è ombelicale, per l’enologo la bottiglia è un “figlio”. Il sacrificio che c’è dietro alla maternità si rintraccia e ritorna nelle cosiddette “coltivazioni eroiche” dove il contadino spacca il primo strato di roccia per innestare una certa coltivazione. Basta pensare alla Magna Grecia pugliese e al lavoro faticoso per ottenere così poche bottiglie… Amate come figli.

Se vai a cena con un uomo chi sceglie il vino?
Solitamente io per deformazione professionale ma negli ultimi tempi ho cambiato tattica. Lo faccio scegliere all’accompagnatore perché dalla scelta del vino capisco molte cose. Un uomo per affascinarmi deve osare con le bollicine a tutto pasto. Così capisco subito se è petillant… (ride)

Se dovessi consigliare una Top Five di vini da tenere in casa cosa sceglieresti?
Al quinto posto un prosecco di Valdobbiadene dal costo contenuto, al quarto posto un Sagrantino di Montefalco, al terzo un Franciacorta Spumante, al secondo un Trento Doc spumante e al primo un Bolgheri. Tutto rigorosamente italiano. Certo, tenere in più sempre in ghiacciaia una bottiglia di champagne fa la differenza. Comunque il consiglio più valido in assoluto per i lettori di AROMA è quello di comprare e consumare subito i vini. Il vino non va mantenuto a lungo tranne rare eccezioni. Non si deve custodire nelle scatole di legno o nei cartoni. Decisamente meglio un frigo “cantinetta”, ormai ci sono versioni domestiche che costano poco più di duecento euro. Ma ripeto: il vino va goduto, consumato. Vino e piacere, ecco un altro binomio indissolubile.

E’ arrivata l’ora dell’aperitivo… Cosa ordineresti se fossimo in enoteca?
Bollicine senz’altro! Magari un metodo Charmat con tartine. Oppure sul fronte opposto un Lambrusco nero con plateau di salumi. Sorseggiare un vino comunque è un momento sacrale. Davanti al vino occorre inginocchiarsi. Si porta dietro tanta cultura.

Ci salutiamo invece davanti a un altro caffè. Ci aspetta ancora una lunga giornata di lavoro. E non è il caso di farsi mettere in ginocchio da un bicchiere di troppo…

(pubblicato su Aroma di settembre/ottobre 2007)