Classe 1959, abruzzese dal carattere forte e gentile come la sua terra, quella tra Roccaraso e Castel di Sangro, Antonio Sciullo non ha ancora 50 anni e da più di 25, grazie ad una cucina fatta di piatti classici ma “conditi” da idee innovative e all’avanguardia, è tra i più importanti chef di Roma. Senza dimenticare la sua attività di insegnante presso la scuola di cucina “A tavola con lo chef”. AROMA lo ha incontrato nell’elegante salotto del ristorante George’s vicino a via Veneto.

Quando è stata la prima volta che hai avuto un contatto vero, professionale con la cucina?
Ero un bambino, avevo meno di dodici anni, e ho iniziato a lavorare come garzone nella pasticceria sotto casa. Portavo i dolci dal laboratorio al negozio. Ma appena arrivato alla scuola alberghiera ho cominciato subito a cimentarmi ai fornelli. Fare il cuoco agli inizi degli anni ‘70 era un mestiere completamente diverso rispetto ad oggi. Non c’erano gli strumenti, le tecnologie di adesso. Ricordo ancora, con una punta di nostalgia per un’epoca che non c’è più, le giornate intere trascorse davanti alle stufe a nafta con le quali cucinavamo su piastre di ghisa infuocate. Dopo quindici ore di lavoro (!) uscivo con il viso chiazzato dagli spruzzi della stufa. A raccontarlo sembra incredibile, vero?

E la prima volta da vero chef in un ristorante famoso?
Negli anni ‘70 ho lavorato nel primo grande resort italiano di allora, a Pugnochiuso sul Gargano. C’era una brigata composta da 30 persone, ben collaudate e affiatate tra loro, e lì ho imparato molto in ogni settore, dal taglio delle carni – gli animali arrivavano interi, i macellai dovevano sezionarli in loco, non come oggi che in cucina i pezzi arrivano già sottovuoto – fino alla cottura ultimata e alla mise en plate. Qui ho imparato i segreti della cucina siciliana e pugliese, base della cucina mediterranea degli anni ‘90. Dopo Pugnochiuso sono stato due anni al San Giorgio dell’Hotel Palace Londra a Venezia. Poi ho lavorato all’Hotel Astor di Viareggio, momento importante per conoscere la cucina di mare del Tirreno.

Da Roccaraso all’Europa e poi di nuovo in Italia … Raccontaci come è andata
Nel 1979 sono partito per un brevissimo stage a Moulin de Mougins a Mougins (Francia) con Roger Vergé (tra i più importanti chef al mondo, padre fondatore insieme a Paul Bocuse and Gaston Lenôtre della nouvelle cuisine, NDR) dove ho imparato la base della cucina moderna, allora ancora in embrione. Poi sono andato a lavorare in Svizzera, ad Ascona, all’Hotel Losone di Losone, un’esperienza che ha cambiato la mia vita tra cuochi giovani provenienti da tutta Europa, anche dell’est. Qui ho affinato la mia tecnica di cucina. Quindi a Gstad, al Bellevue Hotel, dove ero secondo chef a soli 21 anni e ho sviluppato le basi di una vera cucina di respiro internazionale.
Nel 1981 sono tornato in Italia, all’Excelsior di Roma, lì ho lavorato accanto allo chef Giovanni Gavina (insegnante di Gianfranco Vissani NDR). Nel frattempo avevo cominciato ad insegnare alla scuola alberghiera di Roccaraso, proprio lì dove mi ero diplomato. Proprio Gavina mi manda a Sirmione, al Villa Cortina Palace Hotel, dove sono stato primo chef fino al 1982, quando torno a Roma e inizio la grande avventura al ristorante Relais Le Jardin dell’Hotel Lord Byron. Un’avventura unica, durata fino al 1995, e soprattutto pluripremiata dalla Guida Michelin – due stelle! – dall’Espresso e dal Gambero Rosso.

Ormai da tempo non sei solo un grande chef, ma anche un manager enogastronomico
Esatto. A 36 anni ho creato una società, Linea Italiana in Cucina, tramite la quale collaboro come consulente con grandi gruppi nella realizzazione di nuovi ristoranti, banchetti, eventi e scuole di cucina. Voglio ricordare la collaborazione con Gruppo Todini proprietario del Caffé de Paris e Caffé Veneto a Via Veneto, quella con il Parco dei Principi ma soprattutto quella con la Casina Valadier, che ho contribuito a far rinascere da un punto di vista enogastronomico. Qui non ho solo creato la linea di cucina ma provato di nuovo la gioia e il gusto sfidante di rimettermi ai fornelli. Fino al 2005, quando ho scelto il George’s di via Marche 7, appartenente alla Famiglia Cocullo, quale mia nuova residenza.

Quali sono i piatti e gli ingredienti che ancora porti con te e che ricordano la tua terra
Nella mia cucina non mancano mai i legumi come la cicerchia, che nasceva in mezzo alle pietre dei miei campi, poi i fagioli, le lenticchie, le cipolle. Tra i piatti il timballo di crespelle all’abruzzese con funghi e polpettine, la zuppa di cicerchie o ceci con il baccalà, i raviolini dolci ripieni con castagne e ceci, e le polpette di baccalà che mia madre faceva insieme al pancotto, piatto povero ma denso di sapore. Un altro piatto che mi ricorda la transumanza della mia terra sono i cavatelli di acqua e farina serviti con legumi e frutti di mare, pomodorini e cicoria, da spolverare con il pecorino. Grande importanza hanno per me le carni: l’agnello, il pollame e soprattutto il maiale che è tra le più ricche perché lavorata in modo versatile, dagli insaccati alle semplici costatine, e che si conserva quasi tutto l’anno. Mi piace molto lavorare la farina, fare gli gnocchi per le zuppe, un piatto della mia infanzia che oggi ripropongo sempre con piacere e orgoglio per le mie origini.

Parlaci della tua esperienza didattica con la nota scuola di cucina “A tavola con lo chef”
Parallelamente alla mia vita da chef c’è sempre stata quella di insegnante. E proprio nel 1990, quando la Signora Meloni fonda la scuola “A tavola con lo chef”, divento insegnante e direttore didattico di questo polo culturale/didattico dedicato alla cucina, tra i più importanti d’Italia. Sono fiero di aver insegnato, insieme ad altri bravi colleghi come Alessandro Circello, Fabio Baldassarre, Filippo Lamantia e Patrice Guillet, a cucinare a migliaia di ragazze e ragazzi che in gran parte hanno poi intrapreso la difficile carriera dello chef. Tra i tanti voglio solo citare alcuni nomi, senza far torto agli altri: Iside De Cesare della Parolina di Acquapendente, Francesco Bonanni dell’Estro Bar, Andrea Ponticello che lavora con me qui al George’s, Rossana Montechiari di Baba e Manuele Del Signore che ha aperto da poco il suo ristorante “Il Giglio” a Villa Adriana.

(pubblicato su Aroma di maggio/giugno 2007)