E’ lo chef della Nazionale di calcio italiana, diventato famoso presso il grande pubblico grazie allo spot per la Nutella. Conosciamolo meglio.

Grazie allo spot della Nutella, tutti sanno che sei lo chef della nazionale, ma chi è Claudio Silvestri e che percorso ha intrapreso per arrivare a conquistarsi questo ambito ruolo?
Claudio Silvestri è un semplice chef che, dopo i cinque anni di studio presso l’Istituto Alberghiero Aurelio Saffi di Firenze e un anno di apprendistato in una delle pasticcerie fra le più rinomate di Firenze (oltre a brevi esperienze in alcuni ristoranti della zona), ha intrapreso un cammino del tutto particolare e inaspettato. Dopo un periodo di prova, sono stato regolarmente assunto come commis all’interno della struttura alberghiera del CTF – Centro Tecnico di Coverciano (FI). Qui, anno dopo anno, grazie al continuo contatto col mondo sportivo e quindi anche con la medicina, ho potuto accrescere la mia professionalità nell’ambito dell’alimentazione per lo sport. Il mio primo incarico l’ho avuto nel 2004, in occasione dell’Europeo in Portogallo, in qualità di secondo chef della Nazionale Under 21. L’anno dopo, nel 2005, sono stato nominato a tutti gli effetti chef della Nazionale di calcio italiana.

Cosa vuol dire in concreto essere lo chef della Nazionale? Che tipo di impegni e responsabilità hai e con chi ti trovi a collaborare? Che soddisfazioni ti regala il tuo lavoro?
Lo chef della Nazionale lo paragonerei un po’ (nelle dovute proporzioni) ad una mamma in cucina, una figura di cui ci si può (e ci si deve) fidare, sempre pronta a soddisfare ogni tipo di esigenza. Gli impegni sono ingenti, quando c’è un ritiro non ci sono orari, completa dedizione alla cucina, per non parlare della responsabilità (spesso cerco di non pensarci…). C’è sempre qualche pericolo dietro l’angolo, specialmente all’estero, e i collaboratori li devo valutare sempre sul posto perché, anche se trovo persone sempre disponibili e gentili, non posso ogni volta andare sul sicuro. Però mi piace sottolineare che in Italia non ho mai avuto grossi problemi e ho sempre incontrato collaboratori molto professionali. La soddisfazione più grande, per me che sono un tifosissimo di calcio (tengo per la Fiorentina): il solo fatto di aver vissuto un Mondiale come quello in Germania è bastato per ripagarmi di tutti i sacrifici fatti (volentieri) fino ad oggi.

Tu sei giovanissimo, perciò ti chiedo: quanti sacrifici e quanta disciplina ti sono serviti per avvicinarti ad una professione impegnativa come la tua?
Proprio perché sono giovane (ahimè, issimo non più tanto) sono riuscito a fare così tanti sacrifici, perché il dispendio di energie psico-fisiche in un evento come lo è stato il Mondiale in Germania, per un verso, o quello in Sud Africa, per l’altro, è stato oneroso: 50 giorni di lavoro no-stop, con continui cambiamenti di alberghi (e quindi cucine diverse, staff diversi, ecc) e di umore… Ciò che mi ha dato la forza necessaria è la disciplina di fondo che mi è stata impartita dalla mia famiglia, che ha saputo crescermi con sani principi.

Sei stato ospite speciale in un istituto alberghiero (il Martini di Pistoia): cosa hai raccomandato in quell’occasione ai giovani che intendono avvicinarsi alla professione di chef?
Oltre a raccontare le mie esperienze, mi sono raccomandato su quanto sia importante la gavetta, che ti permette di districarti in ogni situazione – anche la più impossibile – e ho ricordato loro di essere sì ambiziosi, ma di rimanere umili, perché è una fonte di crescita indispensabile in questo tipo di lavoro.

Com’è il rapporto con i calciatori? Immagino che vi troverete a vivere a stretto contatto durante le trasferte e i ritiri…
Con loro ho un rapporto d’amicizia a tal punto da sentirmi uno della squadra, basti pensare che da quando ho fatto lo spot della Nutella non fanno altro che scherzare e prendermi in giro!

Qualche peccato di gola inconfessabile dei tuoi “clienti” e qualche aneddoto divertente da “spogliatoio”?
Non ci sono peccati di gola inconfessabili perché sono tutti professionisti, magari posso rivelare che si lasciano un po’ andare quando ottengono una vittoria significativa (ad esempio, una bella spaghettata in piena notte). Un simpatico aneddoto riguarda la cena della vigilia della finale mondiale. Di solito a tavola c’è sempre un clima goliardico o quantomeno distensivo, ma mi ricordo che quella sera, a differenza delle altre occasioni, a tavola non volava una mosca. Erano tutti in rigoroso silenzio ed estremamente concentrati. Ecco, penso che quella volta avrei potuto preparargli qualsiasi cosa da mangiare, anche al di fuori del consueto menù, e non se ne sarebbero sicuramente accorti.

Parliamo di cucina. Cosa prescrive la “dieta ideale di un calciatore”?
Per il giorno della partita, sono importanti l’apporto di carboidrati, per l’accumulo e il reintegro delle energie, e l’assunzione di proteine sia animali che vegetali, quelle animali meglio se derivate da carni bianche come pollame e pesce, perché povere di grassi. Fondamentali poi le vitamine, i sali minerali e le fibre (quindi frutta e verdure) per un perfetto equilibrio digestivo.

In generale, cosa consiglieresti nella dieta di uno sportivo amatoriale?
Non ci sono grosse differenze, ma una sana abitudine alimentare durante i 5 pasti quotidiani è importante in qualsiasi stile di vita, sportiva e non. Si può mangiare di tutto, basta non esagerare e non essere ripetitivi: quindi variare con frequenza e limitare i grassi. In generale, per uno sportivo è di particolare importanza controllare l’aspetto digestivo, anche se ogni sport richiede un proprio tipo specifico di alimentazione.

Quali ingredienti usi/ami usare? Ti ispiri a qualche tipo di cucina regionale per i tuoi piatti?
Mi piace lavorare con prodotti dettati dalla stagione, anche se ormai puoi trovare di tutto in qualsiasi tempo dell’anno. Generalmente mi piace combinare i sapori delle verdure con quelli del pesce o della carne ed in particolare amo fare i dolci. Essendo toscano, mi ispiro molto alle ricette della mia regione, ma sono aperto a tutte le altre tradizioni.

C’è uno chef di cui hai particolare stima? Ed un ristorante in cui ti senti particolarmente a tuo agio?
Non direi, sin da piccolo il mio punto di riferimento è stato mio nonno, un ottimo cuoco… Il ristorante di casa mia, dove a cucinare è esclusivamente mia moglie!

Ti pongo una domanda già fatta al tuo collega Fabrizio Boca, chef del Quirinale, quindi come te vincolato ad una cucina non proprio libero-interpretativa: a differenza dei tuoi colleghi che possono “sbizzarrirsi” nel creare ricette che presenteranno poi nei propri ristoranti, ti trovi invece a dover venire incontro ai gusti di “clienti fissi”: ti senti in qualche modo limitato in questo senso o trovi la sfida ugualmente (se non più) gratificante?
Io mi sento in sfida tutti i giorni, anche se devo attenermi alle indicazioni di una dieta generale, cerco sempre di soddisfare il mio “cliente” con ricette semplici ma non per questo monotone. È una sfida con me stesso, a volte sbaglio e non incontro il gusto del giocatore (nessuno è perfetto!), ma preferisco mettermi sempre in discussione: grazie a questo riesco a crescere e migliorarmi.

Come ti vedi nel futuro?
Amo vivere alla giornata, ma sicuramente mi piacerebbe rimanere un punto di riferimento per i giovani che vogliono intraprendere questa professione e soprattutto esserlo per i miei figli (ne ho tre!).

Ringraziamo allora Claudio per la sua grande disponibilità e simpatia e gli (e ci) auguriamo altri dieci, cento mondiali come quello di Germania! In bocca al lupo!

La dieta di un calciatore

Al centro della dieta di un calciatore c’è la pasta, in particolare gli spaghetti, meglio se non conditi con sughi troppo grevi. La regola aurea è infatti assumere zuccheri facilmente digeribili per acquistare energia senza però affaticare l’organismo. Il secondo prevede solitamente carne bianca (tacchino, pollo) o a basso contenuto calorico, tipo bresaola. Nei menù di oggi, contrariamente al passato dove i dolci erano tassativamente banditi, c’è posto anche per una crostata di frutta e marmellata. Tra un tempo e l’altro della partita molti calciatori fanno spesso uso di tè caldo e cucchiaini al miele, mentre nel pranzo che precede la gara (circa quattro ore prima del calcio d’inizio) gli spaghetti possono essere sostituiti dal riso o da altre vivande light che danno forza senza appesantire. Il fabbisogno medio di un calciatore è di circa 2.500 calorie, quindi la dieta richiesta non è troppo rigorosa o vincolante: in generale vanno evitati i grassi e tutti gli eccessi (in particolare l’alcol), anche se è risaputo che alcuni campioni, malgrado i continui rimbrotti del medico, seguono diete assolutamente anarchiche senza risentirne in termini di performance o di goal.

di Flavia Rendina
(pubblicato su Aroma di novembre/dicembre 2011)