Aroma è lieta di incontrare Dario Cecchini, l’artista della carne conosciuto in tutto il mondo per la sua passione di chef-macellaio, “ispirata” da Dante e dalla poesia toscana.

Domanda: dove siamo se ci si siede a un tavolo comune dove il vicino di gomito può essere chiunque, non esiste il menù ma 6 portate di carne a scelta della cucina, 2 contorni, pane e caffè e ci si può portare il vino direttamente da casa propria?
Ma al “Solociccia” a Panzano, un paese incastonato tra le boscose colline del Chianti, a metà strada tra Firenze e Siena, dove Dario Cecchini, macellaio di nascita e vocazione, cultore della griglia, estroso poeta appassionato di Dante ma ispirato solo dalla musa bistecca, discendente di una lunga dinastia di macellai, ha ricreato al posto del negozio di famiglia, distrutto durante la guerra, una risto-macelleria di stile.

Gli interni del “Solociccia” sono un mix tra rustico e moderno di grande impatto, con tre sale, ognuna con un grande tavolo. Si mangia tutti insieme, alla stessa ora, in convivio. Sul menù è scritto “Lasciate ogni speranza o voi che entrate: siete nelle mani di macellaio”. Cuoco eccellente, esperto di arte contemporanea, uomo di spettacolo che gestisce quella che di fatto è diventata l’attrazione turistica della zona, oltre che polo di acquisto di ricercatissime carni fresche e confezionate, Dario può orgogliosamente dominare il suo regno delle carni, da lui stesso definito “la casa del macellaio”, convivio del gusto che ospita persone provenienti da tutte le parti del mondo. Dal suo cappello magico, l’artista cosmopolita della ciccia tira fuori il “Tonno del Chianti”, il “Profumo del Chianti”, la “Bistecca Panzanese”, il “Sushi del Chianti”, la “Mostarda Mediterranea”.

Un altro buon motivo per un pranzo nel Chianti? Di fronte al Solociccia troneggia l’Antica macelleria Cecchini, un vero e proprio luogo d’incontro, meta di pellegrinaggio di gourmet da ogni angolo del pianeta. Maestro Cecchini è dietro al bancone, serve i clienti tra una battuta, un consiglio su come grigliare e una terzina del sommo Dante. Dice Dario:

”Chi viene da me e ha fretta viene subito fatto passare davanti a tutti e compatito, se non ha tempo per fare due chiacchiere e mangiare qualcosa in compagnia, peggio per lui”.

“Quando ho aperto il Solociccia – ricorda Dario – mi sono commosso: perché è come aprire la porta di casa mia agli ospiti”. All’esterno, di fronte alla porta d’ingresso, una lapide ricorda la “morte” della fiorentina. È datata 31 marzo 2001, “Ridotta invalida preferì la morte”, recita l’epitaffio.

Il successo di Dario Cecchini è da condividere con Carlo Facchini e Marco Teglia, la sua squadra del buonumore. Il primo, sempre armato di due spessi guanti di cotone con i quali gira e rigira la carne sulla griglia (guai ad usare la forchetta), è il suo braccio destro in macelleria; l’altro ufficialmente fa l’antiquario a Firenze ma è più spesso a Panzano a imbracciare la chitarra per suonare, cantare e accompagnarlo nei suoi celebri monologhi che in negozio. In un clima che annulla quelle distanze tra cuoco e cliente in nome della convivialità e della condivisione dell’”esperienza” di gusto.

Serve ancora una spintarella per intraprendere questa esperienza dei sensi? In una porticina sul retro del negozio si entra nel mondo de “L’officina della bistecca”, la “scuola” del professor Dario: un tavolone in grado di ospitare 30 persone piazzato davanti ad una grande griglia. Si sta tutti insieme intorno al camino, proprio come la vecchia famiglia contadina a cucinare ed apprendere i segreti del mestiere. Un modo conviviale per spiegare la “scottante” – è proprio il caso di dire – questione della cottura di Sua Maestà la bistecca alla fiorentina e delle sue sorelle, la costata e la panzanese.

“Non si pretende di cambiare il mondo ma di dare – a chi lo vorrà, a chi lo capirà – un messaggio forte di continuare i riti, coltivare l’amicizia, condividere il pane, il cibo, la ciccia. Per stare insieme.” Questa la “missione” della sua Officina. Il segreto della carne firmata Cecchini? La materia prima, il carbone, la temperatura. La carne deve essere a temperatura ambiente (tirata fuori dal frigo 24 ore prima della cottura sulla griglia) in attesa di finire sulla brace perché sennò resta fredda al “cuore”. La brace deve essere “forte”, la griglia bassa.

Spiega Dario: “Meglio bere un bicchiere di vino rosso prima di grigliare: per allentare i nostri schemi. Se bevi un bicchiere, ti rilassi: e dai più spazio all’istinto che al cervello. Fondamentale ritrovare l’istinto per il fuoco e, in qualche modo, il senso dell’origine”.

Qualche altra dritta da regalare a chi legge: la bistecca al sangue non deve lasciare nemmeno una goccia nel piatto, perché la carne di qualità non perde i liquidi; cuocere e servire le bistecche senza alcun condimento per esaltarne la semplicità e la naturalezza. Guai a commettere l’eresia di aggiungere del limone…!

(pubblicato su Aroma di settembre/ottobre 2009)