Intervista esclusiva al giovane chef dell’Acquolina Hostaria, 1 stella Michelin, che espone i concetti cardine della sua alta cucina di pesce, riconosciuta da pubblico e critica come una delle migliori della Capitale.

Caro Giulio, vuoi raccontarci brevemente gli esordi e gli sviluppi della tua brillante carriera?
Vengo da una famiglia di ristoratori, i miei avevano un ristorante sugli Altopiani di Arcinazzo, paesino vicino Fiuggi. La prima esperienza significativa e formativa è stata presso il Grand Hotel Palazzo della Fonte di Fiuggi 5 stelle lusso all’età di 15 anni, in qualità di aiuto pasticciere. Lì ho appreso l’organizzazione della brigata di cucina alla vecchia maniera. Ho frequentato la scuola alberghiera di Fiuggi dove mi sono diplomato. Un passaggio fondamentale è stato l’incontro con lo chef Fabio Tacchella, incontrato in un corso di aggiornamento, lui per me è stato ed è un maestro di tecniche.

Come hai vissuto la conquista della prima stella Michelin? E quali sono secondo te i vantaggi concreti che questa comporta? Inoltre… Più difficile raggiungere la posizione in vetta o mantenerla?
La conquista della prima stella Michelin è stato il momento, a livello professionale, più bello della mia vita, sinceramente ho pianto. Ricordo la sera del 20 novembre 2009: dopo la notizia al ristorante non si capiva nulla, portammo avanti il peggior servizio della storia di Acquolina, poi facemmo festa fino a mattina inoltrata. E’ stato straordinario, abbiamo ricevuto tantissime manifestazioni di stima da tutto il mondo della ristorazione… E’ inutile nascondersi dietro a un dito, la stella Michelin aumenta la visibilità del ristorante e di conseguenza il lavoro. La parola d’ordine dopo la conquista dell’ambitissimo riconoscimento è stata “blindare la stella”. Questo per dire che è arduo raggiungere questo traguardo, ma ancora più difficile mantenerlo.

Qual è la tua definizione di “alta cucina di pesce”?
Fondamentale è la materia prima, ma dico sempre ai ragazzi che nella cucina c’è un ingrediente che non si compra da nessuna parte, quell’ingrediente è l’amore. Amore vuol dire cura nei particolari, impegno totale. Quando si opera in cucina è importante che testa, cuore e braccia lavorino all’unisono. Solo in quel momento, secondo me, nasce l’”alta” cucina.

Quanto è stata importante la lezione del tuo “mentore” Angelo Troiani?
Angelo, oltre ad essere un grande amico, è un vero maestro: quando si parla con lui di cucina si ha la sensazione di sentir parlare un libro… si impara in continuazione.

C’è un ingrediente “tabù” (o che solo preferisci evitare) nella tua cucina?
Sono già tre anni che Acquolina non usa il tonno, non perché non ci piaccia, ma per una scelta fondamentalmente etica. I primi periodi i clienti ci chiedevano solo il tonno, mentre pesci come il maccarello, triglie, Sanpietro venivano snobbati. E’ in quel preciso momento che abbiamo preso la decisione di non usarlo più. Oggi Acquolina si definisce ”amica del tonno”.

Quand’è che un piatto può dirsi perfetto? Ed è possibile a tuo avviso replicarlo sempre allo stesso modo?
Definire un piatto perfetto non è facile, ma a mio parere un piatto si definisce tale quando ciò che ho pensato e preparato riscontra i favori dei miei ospiti. Ripeterlo è possibile perché siamo professionisti e siamo supportati da tecniche che ci consentono di riprodurre il piatto in serie. Torno a ripetermi: la cosa fondamentale è che testa cuore e braccia ”pensino” la stessa cosa.

Come riesci a mettere d’accordo il rispetto per la grande materia prima ittica e creatività? Ancora: la tecnica è complice o (specie se troppo scaltrita) può essere invece fuorviante, abbandonandosi ad eccessive elaborazioni?
Non trovo nessun tipo di problema nel rispettare la materia prima facendo una cucina creativa. Per me è creativo qualsiasi pensiero riportato nel piatto. La tecnica è fondamentale, ma non bisogna eccedere, altrimenti si rischia di non essere compresi e soprattutto di proporre un prodotto freddo, asettico, ”senza amore”.

Quello dello chef è notoriamente un mestiere fatto di rinunce e sacrifici, soprattutto in giovane età. Hai qualche rammarico?
E’ vero, è un lavoro di sacrificio ma che comunque ci dà pure molte gratificazioni. Un piccolo rammarico è che mi toglie tempo per una passione che mi piacerebbe coltivare meglio: viaggiare.

Quali sono i piatti che vanno per la maggiore all’Acquolina? Ed uno in particolare che, anche solo per scaramanzia, non ti sogneresti mai di togliere dalla carta?
I piatti che hanno maggior successo sono: la torta di baccalà con bagna cauda moderna e la carbonara di mare, ormai due must del locale. Un piatto che non toglierei mai è proprio la torta di baccalà, mi ha portato tanta fortuna e lo ammetto, sono scaramantico.

Come mai secondo te il pesce azzurro gode di così poco favore nei menù dei maggiori ristoranti di mare? E un tema invece a tuo parere un po’ troppo sfruttato? (Tue riflessioni in particolare sull’impiego smodato che massacra il mare di specie a rischio).
Il pesce azzurro è una specie fondamentale nei miei menù. Lo proponiamo in tutti i modi e tutte le salse. Amo lavorare la leccia, è un pesce che mi dà tanta soddisfazione. Ultimamente proponiamo un prosciutto di leccia servito con il melone, ecco un esempio di come creatività, tecnica e rispetto della materia prima convivano nella cucina dell’Acquolina. Sulle specie a rischio siamo attenti e la scelta coraggiosa di non usare il tonno ne è testimonianza.

Per dirla alla Celentano: cos’è per te lento e cosa rock?
Lento è andare dietro le mode mentre è rock provare a fare moda.

L’Acquolina risente degli effetti della crisi?
Acquolina come tutti fa parte di questo mondo e di conseguenza accusa anch’essa i riflessi della crisi. Io sono un ottimista per natura e la mia ricetta contro l’attuale situazione di difficoltà economica è l’impegno e la volontà di farci trovare pronti quando i momenti, inevitabilmente, cambieranno.

Coma vedi la piazza romana?
Vedo Roma in fermento, ci sono tante attività che fanno grande qualità. Sogno una Roma trainante a livello nazionale anche nel campo della gastronomia. Pensa che bello sarebbe avere a Roma un congresso di cucina italiana che mettesse in risalto tutte le sue sfaccettature: dall’osteria al grande ristorante… un mega evento.

Progetti per il futuro? Hai un’aspirazione forte che vorresti realizzare?Insieme ad Angelo, Massimo e Giuseppe Troiani l’unico rischio è quello di non annoiarsi. Ne sono certo, da qui a poco nascerà qualcos’altro… Per il momento l’aspirazione maggiore è quella di consolidare Acquolina come uno dei punti di riferimento della cucina di pesce a Roma.

Infine, un pensiero che vorresti condividere con i lettori di ARoma…
A tutti i lettori di ARoma dico che mi piacerebbe che la capitale diventasse il centro “vero” della cucina italiana. Per far sì che ciò accada abbiamo bisogno di una clientela sempre più esigente e che sappia riconoscere la qualità tout court, senza facili scorciatoie.

Acquolina Hostaria
Via A.Serra, 60. Tel. 063337192
www.acquolinahostaria.com

La Ricetta: [RIF:1724|_self|]Carbonara di mare[/RIF]

(pubblicato su Aroma di settembre/ottobre 2010)