Luigi Miroli, in arte Puny (anglicizzazione dal ligure Punin, piccolino), è una delle colonne portanti di Portofino, perla della Riviera Ligure. Proprietario del mitico ristorante affacciato sul porticciolo, frequentatissimo da politici, tycoons, statisti e teste coronate, oggi Puny – un giovanotto di 77 anni, più in forma che mai – si racconta ai lettori di Aroma partendo dall’inizio della sua straordinaria avventura.

Allora Puny, vogliamo cominciare dal Navicello e dall’uomo di mare genovese che d’estate aiutava la mamma al ristorante?
Da ragazzo in estate di giorno lavoravo sulle barche che portavano i turisti in giro per il Golfo del Tigullio mentre la sera aiutavo mia mamma ai tavoli del Navicello, custode delle ricette tradizionali liguri, preparate secondo i dettami di una volta, come le lasagne al pesto all’antica, il cappon magro o i gamberi al crostone di muscoli. Poi cominciai per qualche anno a lavorare come ufficiale marconista facendo rotta soprattutto tra i Caraibi ed il centro America, ma nel ’59 decisi di ritornare a casa per dedicarmi al lavoro che ho sempre amato, quello del ristoratore. Nel 1980 rilevai quello che poi diventò un mito, Puny, il ristorante simbolo di Portofino e della piazzetta… ed eccomi qua dopo ben 50 anni ricchi di onori e soddisfazioni.

La definiscono uno “tosto”, dal carattere un po’ burbero. Lei che ne dice?
Non proprio, anzi, io amo molto la gente ed il contatto umano, per me è pura gioia vedere tornare i clienti, dal prestigioso habitué al normale avventore, e poterli accogliere con la passione e la cura che hanno sempre contraddistinto l’ospitalità del mio ristorante.

Semplicità e raffinatezza: il suo giudizio personale su questo tratto peculiare della cucina ligure, da sempre punto di forza del locale.
Si tratta di una cucina molto saporita, essenziale ma creativa, basata sulla sapienza dei nostri vecchi che hanno saputo esaltare il gusto delle vivande povere – che discendono dalla necessità quotidiana di non sprecare nulla – con una felice immaginazione gastronomica e l’uso, ad esempio, degli utensili della tradizione come la padella in alluminio che permette di mantenere la fragranza dei cibi. Fondamentale, per riuscire a rendere perfettamente una ricetta, anche il rispetto millimetrico dei tempi, secondo la preziosa, inalienabile lezione imparata dalle nostre donne di casa.

Cosa cerca il gourmet nel suo ristorante?
Guardi caro, vengono apposta da Milano e da ogni dove per assaggiare i piatti di una cucina fondata essenzialmente sulla freschezza e qualità del prodotto, garantita dalle paranze dei pescatori del Tigullio. La materia prima è rigorosamente al primo posto, essendo noi inventori di poche cose, la parola spetta innanzitutto alla bontà degli ingredienti.

Puo’ spiegare ai lettori di Aroma la particolarità del suo “pesto corto” rispetto alla ricetta della tradizione? Ed altre ricette insostituibili del menù?
E’ una ricetta di antica memoria, condizionata dalle ristrettezze economiche e ispirata a quella fantasiosa povertà tipica delle genti liguri che usavano “tagliare” il prezioso pesto (che non bastava mai) con un po’ di passata (lunga) di pomodoro fresco. Da noi lo serviamo rigorosamente con le pappardelle, molto apprezzate, tanto che lo stilista Valentino – che ne è ghiottissimo – le chiama addirittura con il proprio nome. Altri cavalli di battaglia del menù sono senza dubbio i moscardini con rosmarino e limone, il polpo con i carciofi, il cappon magro (un piatto di alta ingegneria culinaria, che racconta la storia della gente di costa, e la cui laboriosa preparazione richiede un paio di giorni), il pesce del Tigullio (grandi branzini, orate che nuotano solo in queste acque, pagelli, besughi dalle carni delicatissime) al guazzetto o al forno con alloro e patate.

E’ vero che nella cottura al sale preferisce non togliere le interiora al pesce, all’uso della cucina greca o spagnola?
Verissimo, le interiora del pesce, purché appena pescato, quindi freschissimo, sprigionano tutto il profumo marino esaltando al massimo – nella crosta del sale grosso – il sapore e gli umori del pesce. Da noi è imperativo impiattare il pesce in questa o altre preparazioni proprio davanti al cliente, direttamente al tavolo, mai dietro le quinte! La presentazione è per me in assoluto uno dei grandi valori della cucina.

Trovare un posto da lei è una mission impossible, perfino a Silvio Berlusconi, familiarmente da lei chiamato “zio Silvio” è capitato di attendere pazientemente il tavolo numero 15, quello più defilato, riservato ai vip…
Il tavolo 15 è quello più arretrato, in prima linea di solito facciamo accomodare i turisti, mentre dietro preferiscono sedersi i personaggi famosi in cerca di discrezione che vogliono eludere la curiosità dei tanti passanti. E da noi, si sa, la privacy è sacra… Non mi è mai accaduto di fare aspettare un vip o una celebrità, soltanto in un’occasione Berlusconi e Craxi si presentarono senza prenotazione e, molto signorilmente, tornarono dopo una mezzoretta, ossia quando avevo detto loro che si sarebbe liberato un tavolo.

Alcuni tic gastronomici di personaggi famosi, oltre alla celebre idiosincrasia di zio Silvio per l’aglio…
Spesso quella all’aglio non è neppure una vera e propria allergia ma un costume alimentare diffuso, adottato in particolare dai grandi comunicatori e personalità pubbliche che accuratamente lo evitano perché troppo invadente. E’ comunque molto importante, quando si lavora con i clienti famosi, conoscere a memoria ogni loro esigenza e tagliare su misura un menù apposta per loro, personalizzato, e non certo standard, questo sarebbe davvero imperdonabile.

Un ingrediente fondamentale della sua cucina?
Certamente il basilico di Prà, a foglie piccolissime (lontano anni luce da quello a foglie larghe e leggermente mentolato) è l’erba sovrana della mia cucina.

Che fine ha fatto la Dolce Vita della piazzetta? Ha nostalgia per la Portofino di Gianni Agnelli e dei grandi attori americani? E un episodio particolarmente “gustoso” che le piace ricordare?
Sinceramente sì, ho molta nostalgia di quel periodo irripetibile, di grandi signori, come Gianni Agnelli, David Niven o Alec Guinness, e di donne di straordinaria eleganza e stile come Ava Gardner o Audrey Hepburn… Quando Il Duca di Windsor passeggiava tranquillamente in piazzetta accompagnato solo dai suoi inseparabili cani, ora invece scendono Madonna, Jennifer Lopez o Beyoncé con un esercito di guardie del corpo al seguito. Un episodio che mi piace ricordare riguarda quella volta in cui un Re (di cui non faccio il nome) e la consorte mi fecero notare che diversamente dalle regole del ristorante (non accetta carte di credito NDR) avevo preso in pagamento una carta di credito da un gruppo di clienti. Io risposi: Maestà mi segua dentro il ristorante, le spiegherò… E gli mostrai uno di quei clienti che invece stava pagando in contanti: era il presidente dell’American Express, a cui non potevo certo fare il torto di negargli, almeno in pubblico, l’accettazione della sua carta! Io d’altronde sono refrattario alla tecnologia, ancora adesso al ristorante non ho il fax, il computer e non posseggo nemmeno il cellulare..

di Federico Schiaffino.
(pubblicato su Aroma di luglio/agosto 2009)