“Quando incontrai Marina la prima volta su un treno da Genova a Cannes, stava imprecando al telefono con i calafati che stavano lavorando male alla riparazione di uno scafo; davanti al mio perplesso stupore nell’aver incontrato una donna-marinaio, ricordo ancora l’orgoglio un po’ ostentato che ebbe nel mostrarmi la sua carta d’identità laddove il campo “professione” era riempito dalla dizione “marittimo”. Buffo considerando che la persona è una signora bionda con occhi grigi, slanciata (con braccia da marinaio, per dirla come De André), elegantissima, allora calata in un completo in tweed.

Nei tempi successivi ho appreso molte cose su questa persona, che in alcuni tratti appare sortita da una storia di piratesse alla Defoe (c’è chi la chiama addirittura Jack Sparrow ), ma immagino che nessuna Anne Bonny o la Mary Read* di Calico Jack abbiano fatto da mangiare così bene. E poi questa è un’altra storia.

Marina, come capitano di seconda sui grandi yacht armatoriali moderni e d’epoca ha avuto la responsabilità della cucina e ha cucinato tutti i cibi in tutti i mari. Marina è atterrata a Roma (Ristorante “La Regola”..) dopo aver portato grandi barche a vela e avere cucinato di bolina e al traverso dall’Oceano Indiano al Caribe, dopo aver affrontato almeno una decina di transoceaniche a vela. Credo sia nota l’importanza che ogni buon marinaio dà alla cucina e Marina sa mescolare sapori mediterranei a suggestioni orientali, sa trovare ingredienti semplicissimi ed esaltarli in combinazioni di gusto ed estetiche uniche (ha rielaborato come piatti alcune opere di giovani artisti esposte in mostre d’arte al ristorante).

Credo che, ai giorni d’oggi, in cucina chiamino questo stile “fusion”, questa capacità di innovare nel rispetto delle tradizioni gastronomiche antiche, nel contempo semplici e ricchissime di culture lontane. Credo che Marina lo sappia (perché è anche un Marittimo colto…) ma alla fine credo che le importi far da mangiare come sa, inventare nuovi piatti per vecchi e giovani naviganti, sapendo che c’è ancora qualche posto in qualche parte del mondo da traversare.

Firmato: Il primo avventore del ristorante Alla Regola
P.S.: Per spiegarmi meglio, mi sono fatto dare da Marina tre menù, uno costruito secondo il principio che spesso capita in mare “facciamodamangiareconquellochecèabordo”, il secondo “scendiamoaterravediamoquellochetroviamo”
(Marina mi dice che quando sei su un’isoletta greca, di quelle sperdute dove c’è solo una chiesetta che il Pope apre una volta alla settimana venendo in barca per recitare la funzione da solo contro il sole, e l’armatore vuole la pasta al pesto, ti devi ingegnare davvero!), il terzo simboleggia il sincretismo culinario a partire da una forte radice mediterranea segnata dalle memorie di viaggi lontani”.
(Dal sito www.allaregola.it)

Cara Marina, tu sei una donna-marinaio con un’affascinante storia da raccontare… Da dove vogliamo cominciare?

Vado via di casa a 19 anni e mi imbarco prima sulle navi passeggeri e poi su quelle a vela, dove bisogna essere bravi a fare tutto… anche a cucinare per i clienti. In poco tempo accumulo 18 transoceaniche durante un periodo di sbarco, vado ad aiutare un mio amico nel suo ristorante e da lì inizio ad incuriosirmi della cucina, continuo a navigare a ancora per qualche anno sino a quando alla fine eccomi qua. Con il mio piccolo ristorante al centro di Roma.

Credi sia più faticoso lavorare in mare o nelle cucine di un ristorante?

Decisamente in un ristorante, sul mare, c’è il mare che almeno è un diversivo non proprio fine a se stesso.

In che misura influisce il viaggio nell’esperienza di uno chef?

Il viaggio è fondamentale, ti completa, ti migliora, ti apre la mente e ti permette di sperimentare.

La tua cucina è stata definita una commistione di sapori mediterranei e suggestioni orientali. Ti trovi d’accordo con questa affermazione?

Molto, la mia cucina è anche contaminazione di profumi e sapori non necessariamente mediterranei. L’esperienza sul mare è stata necessaria per l’uso sapiente delle spezie, per esempio.

La cucina è femmina?

La cucina è asessuata.

Tutti i segreti di un pesto perfetto…

I segreti sono il basilico che deve essere ligure, troppo importante l’umidità che sale dal mare. L’aglio: deve esserci assolutamente, basta saperlo utilizzare. Il modaiolo pesto senza aglio lo trovo raccapricciante.

Quanto “pesa” la tradizione ligure nel tuo repertorio di chef? Pensi che la cucina di Genova e dintorni sia degnamente rappresentata a Roma o al contrario debba ancora essere scoperta dal pubblico romano?

Nel mio menù c’è sicuramente la tradizione ma anche molta innovazione. A Roma non c’è una grande attenzione verso la nostra cucina, anche se noi riceviamo molte soddisfazioni.

Qual è un piatto del ricettario ligure al quale sei sentimentalmente legata e perché? E quali sono i piatti tipici regionali che riproponi (magari personalizzati) alla Regola?

Il pesto, perché rappresenta tutti i profumi della mia terra e perché la preparazione artigianale è praticamente un rituale. Nella mia carta ci sono: i pansoti, gli zembi, il coniglio alla ligure, la farinata, i frisceu e certamente il pesto e il baccalà alla genovese, un po’ personalizzato.

Nella tua carta punti più sulla tradizione o l’innovazione?

L’innovazione.

Un ingrediente ed un utensile indispensabili nella tua cucina.

L’aglio e un buon coltello.

Ed un complimento particolarmente gradito da parte di un cliente?

Mi piace sentirmi dire che ho la mano leggerissima e che i miei piatti sono equilibrati.

Cosa ne pensi della cucina capitolina? Ed un ristorante da te preferito in città?

E’ una cucina diversa dalla nostra, i sapori sono più decisi. Il mio ristorante preferito è l’Arcangelo del mio collega Arcangelo Dandini.

Ascolti musica mentre cucini? Magari Fabrizio De André?

Non ascolto mai musica perché parlo di continuo con la brigata.

Infine un tuo progetto da realizzare, un sogno accarezzato che vorresti prendesse forma.

Avere un ristorante con 10 coperti: io in cucina e il mio direttore di sala… E’ difficile ma chissà. Prima di questo ero un capitano di marina, un nome, un destino!

www.allaregola.it

Il Cappon Magro Ligure

INGREDIENTI (per 8-10 persone):
Pesce cappone, 1 kg di orata (o altro pesce che tenga bene la cottura e che il mercato ti possa offrire, mezzo kg di gamberetti, mezzo kg di scampi, 800 gr di merluzzo, 1 aragosta, 5-6 uova sode, 6 gallette del marinaio, 400 gr di patate, 400 gr di fagiolini verdi teneri (cornetti), 1 mazzo di scorzonera, 1 cavolfiore, 6 carciofi, 3 carote, 1 gambo di sedano, 1 barbabietola rossa, 200 gr di funghetti in addobbo, 10 ostriche, 50 gr di mosciame, 4 filetti d’acciughe, aglio di Vessalico, olio extravergine di oliva (naturalmente ligure), aceto, limone, sale q.b.

PER LA SALSA VERDE:
Un bel mazzo di prezzemolo, aglio, 40 gr di pinoli, 20 gr di capperi, 10 gr di pistacchi, 4 acciughe salate, 50 gr di mollica di pane, 10 gr di olive, sale q.b.

PREPARAZIONE:
Fate bollire i singoli ingredienti e tagliateli a filetti.
Preparate la salsa con l’aglio, l’olio, i filetti di alici, i pinoli, i pistacchi e il sale, mettete nel mortaio, oppure nel mixer tutti i componenti e riducete a salsa.
Mettete in acqua aceto e vino bianco in parti uguali, la galletta del marinaio (in alternativa potete usare un cracker qualunque, che sarà la base del vostro Cappon Magro).
Cominciate a comporre a vostra fantasia il piatto, a strati, alternando i colori degli ingredienti, aggiungendo ad ogni fase la salsa verde e completando il Cappon Magro con il pesce più pregiato come le ostriche, gamberi, mazzancolle, alternandoli con funghi e olive, per finire con l’astice su tutto e buon appetito!

di Federico Schiaffino (pubblicato su AROMA Gennaio/Febbraio 2013)