La scelta del nome di un’attività è cruciale per il successo dell’impresa, quindi non ci stupiamo se talvolta gli sforzi di fantasia, pur di trovare un’idea originale, sconfinano nel territorio del grottesco o del cattivo gusto. In effetti basta farsi un giro per la città per scoprire alcune insegne dalla comicità, spesso involontaria, addirittura esilarante.

La domanda dunque si pone spontanea: ma come diavolo è venuto in mente di battezzare un ristorante o un negozio con nomi così strampalati? Alcuni sono indubbiamente divertenti, altri – specialmente quelli che giocano troppo liberamente con le parole – si dimostrano improbabili o stucchevoli.

846E’ il caso, ad esempio, di Orestorante (fusione del nome del proprietario con la parola ristorante) che ha risvolti anche cacofonici, di Tastevere (il quartiere romano in bizzarra simbiosi con il verbo inglese taste=gustare) addirittura difficile da pronunciare, Beere Mangiare & co (la sovrapposizione dell’inglese beer=birra e la parola italiana bere non funziona e sembra un belato), Equociquà (quasi uno scoglilingua del tipo: “Li vuoi quei kiwi”?), Quetzalcoatl (irripetibile come il nome di un vulcano islandese), Fratte ignoranti (povero Ozpetek!), Il Pacchero Solitario (Leopardi perdono!), Friggi e fuggi, L’Ocanda Giuliva ecc 

E che dire di Ajo, ojo e scarponcino, famigerato negozio in via di Appia Nuova, o Scarpe Diem che senza pietà letteraria fa il verso al poeta latino Orazio sempre per vendere tacchi e suole? Gli specialisti della carne alla griglia danno il meglio con il Marchese del Grill (Albertone si rigira nel sacello), Braci e abbracci (geniale nel suo mix di effusioni ardenti), Pork and Roll (da fare impallidire anche Elvis), Meating (il manzo che aggrega), Il Signore degli agnelli (trovata geniale per locale specializzato in arrosticini), Bella Carne e Porca Vacca.
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Forse i nomi più riusciti sono quelli dall’accento romanesco: Rimpizzamose, Scopettaro, Rubbagalline, Buzzicona, Ma che siete venuti a fa’? Cassamortaro, Obbitorio (ecco il tipico humor un po’ macabro dei romani) e soprattutto, sempre per restare in tema, Qui nun se more mai, ristorante sull’Appia Antica che scherza con le tombe disseminate lungo l’antica Regina Viarum celebrando l’eternità della vita a tavola.

logo-gioiaProcediamo ora a caso: Meid in Nepols (ovvero l’inglese alle vongole), Manzo Criminale (la ciccia con licenza di uccidere), Paul Pet (polpetteria personalizzata), I Tre Bruschettieri (Dumas non ci andrebbe neppure sotto tortura), Cuoco e camicia (non volgare come l’originale ma slegato), Mio Bio (un poco blasfemo), Johnny Stockino (outlet e capolavoro del copywriting kitsch), Anema e cozze (invece degli asparagi del celebre libro l’immortalità dell’anima è associata ai frutti di mare), Strapizzami (la trovata “coccolosa” coglie nel segno), Capatoast (toast belli tosti), Pan Bernardo (arte bianca e cinofilia,) John Wine (strappa il sorriso anche al mitico “Grinta” di Hollywood), Pane e core e Cose dell’altro Pane (boh!), Celiachiamo (no comment), Popopizza e pizzapop (altra tiritera fastidiosa), Bar Bablù (per pudore omettiamo tutti gli altri giochi di parole con “Bar”), Emilia Romana (ristorante che propone un menu romanesco-emiliano), Gioia mia Pisciapiano (non è una parolaccia ma il nome di un vino da mal di testa), Velavevodetto (della serie “Il senno di poi è una scienza esatta”, una delle leggi di Murphy) ed infine, Colo & Sterolo, un ristorante purtroppo oggi scomparso forse non solo per colpa del tasso lipidico dei suoi piatti.