Sergio Mei, attualmente Executive Chef del ristorante Teatro del Four Seasons di Milano, origini sarde, “illustre portavoce della cucina italiana nel mondo”, nonché autore di testi fondamentali come il suo ultimo “La cucina italiana all’italiana”, si racconta con la sua solita simpatia e disponibilità ai lettori di Aroma.

Come si può definire la cucina di Sergio Mei? Il suo punto di forza? E la sua bestia nera?

La mia cucina si può definire una cucina di sostanza, ricca di esperienza a 360°, con un punto di partenza saldamente ancorato alla nostra tradizione. I punti di forza sono la passione e la conoscenza del prodotto, presupposti indispensabili per la mia idea di cucina; il rispetto per il prodotto, che va usato al suo meglio e mai sciupato; e rispetto per il consumatore e cliente, che va capito e assecondato nei suoi gusti. Nella mia professione, non ho bestie nere…

Come nasce un nuovo piatto del menù?

Nasce seguendo la stagione, andando al mercato e informandosi su cosa c’è di meglio in quel momento; confrontandosi con i collaboratori e anche ascoltando l’istinto, che infallibilmente mi guida rispondendo alla semplice domanda “cosa assaggeresti volentieri, oggi?”

E qual è un suo piatto feticcio?

Un piatto mi rappresenta come professionista quando riesce in modo ottimale, esprimendo al massimo tutte la caratteristiche che desidero: come qualità del prodotto; come risultato della cottura, come presentazione e convolgimento di tutti i sensi, vista, olfatto e sapore. Il mio piatto ideale rinasce ogni volta.
C’è un ingrediente preferito che la ispira in modo particolare?
Posso dire onestamente che non ce n’è uno solo, il mio lavoro mi porta a esplorare tutte le possibilità; legarmi a uno, o a pochi ingredienti favoriti significherebbe, ai miei occhi, impormi dei limiti e da questo rischio cerco di guardarmi.

Che rapporto ha con l’innovazione?

Un ottimo rapporto. Solo accettando l’innovazione nelle tecniche e l’evoluzione dei gusti si può arricchire la propria esperienza professionale.

E la relazione fra cibo e benessere?

E’ una relazione basilare, in quanto il cibo è benessere: basta saperlo riconoscere, trattare e consumare nella maniera corretta.

Se non avesse fatto lo chef, quale altro percorso professionale avrebbe seguito?

Se non avessi scelto questa professione, per l’amore che mi lega alla terra e ai suoi prodotti avrei fatto il contadino.

Quali sono i suoi colleghi, in Italia e all’estero, a cui guarda con maggiore interesse?

Tra i colleghi stranieri, Frédéric Girardet, Joel Robuchon, Frédéric Danton, Paul Bocuse per il classico; tra gli italiani Gianfranco Vissani, Mauro Uliassi, Massimiliano Alajmo, Aimo Moroni.

Lei ha lavorato per un periodo anche qui nel Lazio, nella zona dei Castelli Romani. Cosa le è rimasto di quell’esperienza?

Molto. La qualità della vita, la bellezza dei luoghi e il calore della gente, che mi ha regalato amicizie vere e durature. Dal punto di vista professionale spunti interessanti legati alla valorizzazione della cucina di casa, così ricca di sapore e di ospitalità.

Le Table du Chef… di cosa si tratta più in dettaglio?

E’ un’esperienza del gusto particolare, durante la quale i clienti si affidano a me come se fossero miei ospiti personali, invitati a casa mia; propongo menù inediti, non compresi nella carta, ed elaborati da me secondo l’ispirazione della giornata, dei doni della stagione con i quali in quel momento: amo improvvisare e sorprendere, creando menù nuovi ogni volta. L’atmosfera è cordiale e conviviale, lontana da ogni formalità. Il cibo non è solo gustato ma anche interpretato, condiviso e compreso.

Infine ci racconta della favolosa Chocolate Room che si trova all’interno del ristorante?

Si tratta di una vera e propria galleria d’arte declinata al cacao. Infatti, la decorazione della sala ideata dal nostro chef pasticciere si fa guardare come una mostra di quadri; la successione dei pannelli, naturalmente realizzati con “pittura” di cioccolato dalle più varie tonalità e sfumature, suscita quelle suggestioni visive ed emozionali che solo l’arte sa comunicare. Dunque, arte alle pareti: ad esempio un cancello antico sorprendentemente realistico, dove i riccioli di cioccolato mostrano addirittuta la patina del tempo. E poi, il più simbolico: il pannello astratto dove miriadi di sfumature diverse di cioccolato si fondono insieme, dando vita ad un’unica, armoniosa tonalità. Quest’opera rappresenta il Four Seasons e tutti noi, che collaboriamo con le nostre diversissime individualità per un risultato concorde. E poi, naturalmente, arte del gusto. Dopo aver ammirato la galleria, sarà ancora più difficile resistere alla tentazione di assaggiare tutte, ma proprio tutte, le delizie al cioccolato che i nostri artisti avranno preparato.

 

Cucina Italiana all'italianaFregula con asparagi selvatici 

Ingredienti per 4 persone: Per il brodo vegetale: gr 25 cipolla bianca pulita a cubetti, gr 25 carote pulite a cubetti, gr 25 sedano verde pulito a cubetti, gr 50 porri (parte verde), puliti a cubetti, gr 50 pomodori ramati a cubetti, 1/2 spicchio d’aglio, gr 5 gambi di prezzemolo, 1 foglia di alloro fresca, gr 0,5 pepe nero in grani, q.b. sale grosso, gr 25 ghiaccio, lt 1 acqua, gr 10 olio extra vergine di oliva. Per gli asparagi selvatici: Per il mazzetto di guarnizione: gr 100 asparagi selvatici (bruscandoli) per il mazzetto di guarnizione, gr 10 olio extra vergine di oliva, q.b. sale e pepe. Per la crema di asparagi: gr 100 asparagi selvatici (bruscandoli), gr 50 cipollotto parte bianca tagliato a losanga, gr 50 olio extra vergine di oliva, gr 2 aglio pulito e tagliato a lamelle, gr 1 rametto di timo, gr 1 foglie di mentuccia, gr 1 raspadura di limone, gr 50 vino bianco, q.b. sale e pepe. Per la fregula: gr 300 fregula (in commercio), gr 900 brodo vegetale. Per la cottura nella fregula: gr 100 asparagi selvatici (bruscandoli) a cubettini per cottura della fregula. Per la guarnizione: gr 20 pecorino tagliato a filamenti, q.b. pepe nero a mulinello. Procedimento: Per il brodo vegetale Pulire le verdure, lavarle e tagliarle a cubetti. Versare la cipolla, le carote, il sedano, i porri e l’aglio in una pentola e farli stufare con l’olio extra vergine. Aggiungere il ghiaccio e l’acqua, la foglia di alloro, i gambi di prezzemolo, il pomodoro e il pepe nero. Portare a ebollizione e cuocere a fiamma bassa per 30 minuti, schiumando le impurità che salgono a galla servendosi di una schiumarola. Spegnere il fuoco e lasciare riposare per 10 minuti, filtrare al passino fine. Regolare di gusto con 6 gr di sale grosso per lt di brodo. Per la preparazione generale degli asparagi selvatici: Pulire gli asparagi selvatici, spezzando con le mani la parte finale legnosa del gambo, e lavarli. Sbianchirli per un minuto, immergendoli nell’acqua bollente; scolarli e raffreddarli in acqua e ghiaccio, scolarli nuovamente. Per il mazzetto di asparagi di guarnizione formare 4 mazzettini di asparagi per la guarnizione e condirli con olio, sale e pepe. Per la crema di asparagi: Preparare un soffritto con poco olio, cipollotto e aglio, aggiungere gli asparagi tagliati a pezzettini, il timo e la mentuccia, bagnare con il vino bianco e farlo restringere. Bagnare con il brodo e frullarli a crema aggiungendo il resto dell’olio. Per gli asparagi da inserire nella cottura della fregula: tagliare gli asparagi a cubetti lunghi 1 cm. Per la cottura della fregula Versare la fregula in una casseruola larga, bagnarla con il brodo vegetale bollente fino a coprire a specchio come per un risotto e cuocerla per 15 minuti, aggiungendo il brodo a mano a mano che necessita. Aggiungere la crema e gli asparagi tagliati a cubettini, terminare la cottura per altri 5 minuti. Togliere la fregula dal fuoco e mantecarla con l’olio e il pepe a mulinello, farla riposare per un minuto prima di servirla. Per la presentazione: Servire la fregula al piatto con sopra il mazzetto di asparagi caldi e il pecorino tagliato a filamenti, terminare con una macinata di pepe nero. VARIAZIONI. La fregula si può servire con: – piselli – radicchio – verdure di stagione – ragù di pesce – nella minestra di verdure – nella zuppa di pesce.

www.fourseasons.com

di Francesca Pizzuti
(pubblicato su Aroma di marzo/aprile 2011)