E’ il titolo che Laurel Evans (autrice anche dell’ultimissimo “La Cucina Tex Mex”) ha dato al suo recente manuale di cucina. Si tratta di un libro che raccoglie le ricette tradizionali della cucina americana, contraddistinte dalla varietà di sapori provenienti da tutto il mondo, alle quali la gastronoma ha dato un contributo speciale. Ha cioè scelto di accompagnare ogni ricetta con un brano musicale a tema, dando così al lettore la possibilità di immergersi nelle molteplici atmosfere che ogni piatto può suscitare. Un travelogue, intenso viaggio sentimentale nel melting pot del gusto americano, ma anche una testimonianza dell’inattendibilità del luogo comune secondo il quale gli Stati Uniti sarebbero la patria del cibo spazzatura, detto sprezzantemente “junk food”.
Quando si parla di cucina americana si pensa infatti spesso soltanto ad hot dog, onion rings e hamburger, eppure la giovane ma eclettica identità di questa cucina sta acquistando sempre più personalità, con esiti davvero gourmet.
La tradizione culinaria europea ha sempre avuto un atteggiamento snob nei confronti dei piatti tipici a stelle e strisce, nonostante le origini risalgano proprio al Vecchio Continente. Curiosa la storia dell’hamburger, invenzione gastronomica delle macellerie tedesche, che prende il nome dalla città di Amburgo, dove la carne, tritata e a forma di polpetta, veniva consumata dai marinai, cruda e speziata, in mezzo al pane. Questo modo di mangiare la carne fu poi esportato agli inizi dell’800 dai marinai tedeschi nei porti americani, dove cominciò ad essere apprezzato fino a diventare una celebrità nazionale e mondiale. Ed è proprio questa la caratteristica principale di una cucina che ha origini lontane, in termini di territorio e di tradizioni, ma che negli ultimi anni si è evoluta con una personalità ben delineata e sempre più di successo. La grande estensione del territorio e la varietà di etnie che lo popolano hanno determinato una varietà di proposte gastronomiche, molto apprezzate, rielaborate poi con interpretazioni diverse a seconda degli stati.
Un esempio su tutte, la famosa New England clam chowder, una zuppa di vongole che ha origini nel Canada atlantico, anticamente Nouvelle France. Il nome stesso, chowder, deriva da chaudrée, che in francese vuol dire qualcosa cotto nella chaudière, il classico pentolone di rame che si appendeva sul fuoco. Col tempo la clam chowder è diventata un classico del nord-est, e la ricetta si è andata via via migliorando e perfezionando.
La versione originale è a base di latte o panna, ma ne esistono numerose altre: la Manhattan clam chowder per esempio, ha il pomodoro al posto del latte, mentre la versione del Rhode Island è fatta col brodo semplice e risulta quindi più una minestra che una vera e propria zuppa densa. Sulle coste settentrionali della California e al Fisherman’s Wharf, i capannoni del porto di San Francisco, la zuppa di vongole del New England viene servita dentro una pagnottina di pane a lievitazione naturale, il sour bread.
Altro piatto di chiara influenza europea è la famosa Caesar salad, creata appunto dallo chef italiano Cesare Cardini. Questa celebre insalata unisce i sapori mediterranei della lattuga, del parmigiano e dell’olio extravergine d’oliva a quelli tipicamente statunitensi della salsa Worcestershire, fatta con uova, limone e aglio. Emigrato dopo la prima guerra mondiale negli Stati Uniti, lo chef si trasferì a Tijuana, in Messico, dove aprì un ristorante. La leggenda vuole che in una domenica di festa, non avendo pronti altri ingredienti, si inventò al momento un’insalata con quel che aveva di meglio a disposizione.
Altro prodotto gradito del ricchissimo e pescosissimo oceano è il granchio, apprezzato in varie declinazioni: al vapore, alla griglia, nelle zuppe e soprattutto nella popolare crab cake, una crocchetta a base di polpa di granchio, con l’aggiunta di briciole di pane, latte, uova, maionese, cipolla e condimenti vari a seconda delle regioni. Fritte o al forno, le crab cake sono originarie del Maryland, costa orientale, dove l’Atlantico offre una considerevole quantità di granchi, così come nel Pacifico, soprattutto nel nord della California.
Le influenze gastronomiche delle coste orientali sono prevalentemente di estrazione europea, mentre quelle della West Coast sono anche di provenienza orientale e messicana ed hanno dato vita ad una tradizione e ad un’evoluzione più fusion, arricchita da prodotti di qualità, offerti da una terra ricca e generosa.
In California può capitare di cogliere profumi hawaiani su un filetto di pesce del Pacifico accompagnato da verdure della produzione stagionale locale oppure l’intensità di un piccantissimo peperoncino messicano che accompagna zuppe a base di granchio. Qui a Roma, ai Parioli, il Duke’s, ispirato al mitico padre del surf Duke Kahanamoku, propone da oltre dieci anni una cucina di qualità ispirata proprio alla California. Creato personalmente dal giovane chef Massimiliano Iannozzi, il menù offre proposte stagionali sempre nuove, caratterizzate dalla costante ricerca gastronomica in termini di nuove idee e qualità degli ingredienti.
Altra protagonista della cucina americana è la carne, soprattutto alla griglia. Gli americani adorano il barbecue e sono maestri indiscussi di questo metodo di cottura. Importato dai popoli caraibici che lo introdussero con il nome di barbacoa, la pratica della griglia si diffuse inizialmente negli stati meridionali, ma oggi ogni regione ha la sua specialità, in tema di tecniche e sapori differenti a seconda anche della scelta delle carni, che possono essere di manzo, di maiale o di pollo, affumicate, cotte al forno al vapore (come la mitica prime rib, la parte più magra della costata di manzo) o marinate in gustosissime salse. Per assaporare a Roma il piacere di questo stile e i migliori tagli, T-Bone Station offre da svariati anni, nella suggestiva riproduzione di una stazione ferroviaria americana degli inizi del ‘900, le proposte tipiche di una steakhouse, con un menù ricco di ricette a base di carne alla griglia, affiancate da piatti tipici americani dall’angolo di influenza messicana, il cosiddetto tex-mex, come ad esempio le chicken wings, deliziose ali di pollo fritte, fino ad arrivare alla carta dei dolci, uno per tutti, la famosissima apple pie, ripiena di spicchi di mele, in origine un dolce tipicamente inglese. Con il passare del tempo, questa leccornia ebbe un tale successo in tutti gli States, da essere oggi considerata un vero e proprio dolce nazionale, chiamato non a caso semplicemente “American Pie“.
Altro dolce nazionale, il goloso cheese cake, il quale sembra avere origini ben più remote, addirittura greche. Nel 1872 un lattaio americano di nome James L. Kraft, nel tentativo di ricreare il formaggio francese Neufchatel, incidentalmente, inventò il formaggio fresco pastorizzato che poi chiamò Philadelphia, e nel 1880 cominciò la grande diffusione di questo prodotto e il suo utilizzo per la preparazione del moderno cheese cake.
Per respirare un po’ di mood newyorkese e gustare un ottimo cheese cake o concedersi di domenica un Sunday Brunch, nel centro di Roma, tra Campo de’ Fiori e Piazza Navona, l’approdo ideale è The Perfect Bun, ristorante americano che propone un menù ricco di sfiziosi piatti tradizionali di qualità, tra cui gli ottimi buns (panini) da cui il locale prende il nome. Altro luogo tipicamente yankee è l’Hard Rock Café Roma, in via Veneto. Il ristorante offre un’ampia selezione di piatti e sapori made in USA in un ambiente informale, a ritmo di rock con l’esposizione dei famosi memorabili, oggetti originali e cimeli delle star della musica anni ’70-90.
– Duke’s – Viale Parioli, 200.
Tel. 0680662455. www.dukes.it
– T-Bone Station – Via Francesco Crispi, 29. Tel. 066787650 (per gli indirizzi delle altre location guardare la sezione guide).
www.t-bone.it
– The Perfect Bun – Largo del Teatro Valle, 4. Tel. 0645476337. www.theperfectbun.it- Hard Rock Café – Via Vittorio Veneto, 62 a/b. Tel. 064203051. www.hardrock.com
di Barbara Faraone