La prossima volta che andate a fare la spesa, tornate con un bouquet. Sì, perché da qualche tempo è di gran moda preparare, decorare e profumare il menù di pranzi e cene con i petali dei fiori.

Merluzzo al verde

Oli, spezie, grappe aromatizzate ed essenze, la nostra cucina da sempre si colora di fiori: la tradizione gastronomica ligure, ad esempio, annovera tra le sue prelibatezze le violette candite, quella milanese l’insalata di crisantemi e quella veneta il riso alla malva. Alcuni biscotti tipici della Provenza sono aromatizzati alla lavanda, fiore tipico del posto…

Ma è in Oriente che si armonizzano in profumati equilibri fiori e gastronomia. In Cina, crisantemi, gigli e fiori di loto sono elementi classici della cucina locale. Un antico proverbio giapponese dice che un piatto si mangia prima con gli occhi e poi con la bocca. Per questo i petali dei fiori sono elementi strutturali delle pietanze, al pari degli altri. Tra gli ingredienti delle portate tradizionali ce ne sono alcuni considerati, a torto, solo verdure come i fiori di zucca, ottimi fritti e ripieni con acciuga e mozzarella oppure i carciofi, squisiti alla giudia ma anche crudi ad arricchire l’insalata. E non solo.

Lo zafferano, ridotto in polvere, si usa per insaporire e colorare d’oro risotti e cous cous e, nonostante la sua origine orientale, di fatto è un ingrediente base di alcune portate tipiche delle regioni del nord Italia, come il risotto alla milanese. Altri fiori, come i capperi, sono così carnosi da sembrare dei frutti: perfetti per insaporire pasta e secondi, i capperi sono i boccioli di una pianta che cresce spontaneamente nelle regioni più calde del mediterraneo, ed il cui fiore si chiama cucuncio.

Flowerfood

Nel caso della zagara non vi è dubbio che si tratti di un fiore. L’essenza è utilizzata per preparare la pastiera napoletana o la crema, ottima con i biscotti. L’aroma e la freschezza dell’acqua d’arancio era conosciuta già dai nomadi del Sahara, che, dopo aver attraversato il deserto, ne bevevano sorsi abbondanti per dissetarsi e la usavano per sciacquare via la sabbia dal viso e le mani.

Da alcuni fiori, poi, è possibile ricavare anche l’olio, già i Persiani lo estraevano dalla rosa per aromatizzare le portate in occasione di feste importanti come le nozze dell’imperatore. È merito degli inglesi, invece, l’aver impiegato per primi l’olio di semi di girasole per condire le insalate, verso la fine del 1500.

Non tutti i fiori sono eduli, cioè buoni da mangiare: attenzione ad evitare l’oleandro, il ciclamino, la stella di natale (velenosi) e la belladonna, che è allucinogena; scorpacciate consentite invece per primule, margherite, rose e viole.

Le primule, come già indica il nome, spuntano precoci alla fine dell’inverno, i loro petali, coloratissimi, possono essere utilizzati per insalate, minestre, carni, frittate e sono ottimi per preparare dolci e marmellate. Durante il regno di Elisabetta I d’Inghilterra era comune aggiungerle alle macedonie di frutta. Della primula, poi, non si butta niente. Anche le foglie, le radici ed il rizoma, che è il fusto sotterraneo, sono commestibili e largamente usate in erboristeria grazie alle loro proprietà analgesiche, antinfiammatorie e antireumatiche. L’insalata di lattuga e primula è consigliata la sera per un riposo sereno e rigenerante.

Anche le margherite sono adatte per le insalate, specie se abbinate ad altre piante disintossicanti come ortica e cicoria. L’ideale per condire risotti, zuppe e persino il brodo di carne, che viene meglio, attenzione, con le margherite gialle (calendule).

Flowercake

Flowercake

Le rose fanno bene alla pelle e all’apparato digerente, specie se mangiate con gli spicchi d’arancia in insalata o nel risotto. Date le proprietà antinfiammatorie, i petali di rosa sono indicati per la preparazione del pepe aromatizzato: un composto di pepe nero, verde, bianco, rosa e peperoncino, aggraziato dall’odore e dalle proprietà di boccioli di rosa essiccati. Non vanno dimenticate le potenzialità afrodisiache del fiore, esaltate in marmellate, dessert e liquori. Già gli antichi romani utilizzavano petali di rosa in cucina per aromatizzare il vino, insaporire e abbellire i piatti con l’aggiunta di petali di viole. Apicio, autore del “De Re Coquinaria”, monumentale ricettario dell’antica Roma, spiegava come confezionare un piatto di “rose con cervella, uova, vino e salsa di pesce”.

Anche la viola del pensiero è commestibile. I suoi fiori, dal profumo intenso, vanno colti la mattina presto, quando si schiudono. Da tempo sono usati per la preparazione di canditi, gelati, marmellate e caramelle. Mangiati crudi in insalata conservano intatte tutte le proprietà emollienti, decongestionanti e depurative che caratterizzano la pianta.

Oltre a quelli che siamo abituati a mangiare, vi sono fiori che sbocciano nei prati o nei vasi del terrazzino di casa, adatti ad arricchire i piatti in modo originale e profumatissimo. Lo sa bene Igles Corelli, chef della Locanda della Tamerice di Ostellato nel Ferrarese, considerato uno dei maestri della cucina d’autore italiana. Tra gli ingredienti dei suoi piatti compaiono spesso fiori ed erbe, come il sambuco, la calendula e il cerfoglio, tipici delle zone del delta del Po.

“Tutti i fiori si possono friggere – suggerisce Corelli – gerani odorosi, nasturzi, quelli aranciati che somigliano ai fiori del cappero, sambuco, acacia, margherite, viole del pensiero, fiori di rucola. Il segreto – aggiunge – è scuotere via il polline. Si passano nel latte. Poi si tuffano nella farina”. Se volete osare di più, lo chef consiglia: garganelli e cappesante con fiori (di borragine, calendula nasturzio, fiori di zucchina) ed erbette o zite ripiene di alici, gratinate con pane alle erbe aromatiche (e fiori di acetosella africana). Come secondo, pollo ai fiori di acacia e, per concludere in dolcezza, una cialdina ai semi di papavero con mousse di castagne.

All’estero la moda dilaga da tempo: In California vanno per la maggiore le look salads, coloratissimi “prati da mangiare” di achillee, campanule, hibiscus, al rito del tè ormai a Londra si alterna quello del Brown’s, un lussuosissimo albergo in cui si serve il salmone in vinaigrette di nasturzi, una delle originali creazioni floreali del genio Andrew Turner. In Francia, poi, a tavola si possono anche trovare nel piatto girasoli al vapore con mostarda e cassata di kiwi e campanule.

Macedonia d’astice e sambuco di Igles Corelli

Una moda, questa, approvata con toni di enfasi persino dal severo critico del Sunday Times Sue Lawrence, capitolato di fronte a un soufflé di granchi con nasturzi. L’Italia risponde con le classiche tagliatelle ma infiorite alle rose con semi di papavero, trota ai fiori di mandorlo, arrosto con porri, scalogno e calendule. Salvatore Tassa, nel suo ristorante Colline Ciociare ad Acuto (Frosinone), serve un dessert di gelato alla lavanda. Heinz Beck infiorisce la sua gelatina con il sambuco, Gianfranco Vissani cosparge di fiori-rosa-fiori-di-pesco il suo risotto.

Se poi volete dirlo con i fiori anche a tavola, ecco qualche spunto. A lume di candela con il vostro amore impossibile, un piatto di tulipani gialli fritti in pastella valgono più di mille parole. Per accendere una serata, niente di meglio di crostini spalmati di mousse a base di gorgonzola, ricotta, cognac e prosciutto cotto tagliato a striscioline. E naturalmente, una spolverata di petali di rose rosse. Se invece vivete un periodo di nostalgia, preparate all’ex fidanzato/a un’insalata di viole del pensiero con foglioline di spinaci crudi e tarassaco, crescione e rucola. Innaffiatela appena prima di servirla con un’emulsione a base di olio extravergine di oliva, succo di limone, sale e pepe e un trito finissimo di erba pepe e un trito finissimo di erba cipollina. Se volete renderla più sostanziosa, aggiungete una o due uova sode tagliate a fettine.

Ma il modo più glamour di usare i fiori in cucina è di farne cubetti di ghiaccio. Basta mettere un petalo in ogni stampino e lasciarlo nel freezer qualche ora. I cocktail assumeranno un aspetto davvero “cool”!

Si ringrazia la rivista Cucina & Vini per il contributo fotografico a questo articolo.

(pubblicato su Aroma di marzo/aprile 2009)