kisaki2Il ramen, una sorta di zuppa con gli spaghetti, è un piatto iconico della cucina popolare giapponese, alternativo al più celebrato e nobile sushi, molto spesso reinterpretato in versioni creative e anche un po’ leziose dagli chef nipponici. A Tokyo e dintorni è considerato una vera e propria istituzione a cui sono stati dedicati addirittura tre musei, uno dei quali, a Ikeda, prende il nome da Momofuku Ando, l’imprenditore che nel dopoguerra inventò la versione istantanea Nissin (basta aggiungere acqua bollente e si può mangiare) che, grazie al suo bassissimo costo, consentì di sfamare gli strati più provati dal recente conflitto mondiale. Nel 1958 gli instant ramen furono scelti in un sondaggio come la più grande invenzione giapponese del XX secolo.

In realtà Ando prese spunto dalla tradizione cinese, dato che non ci sono dubbi sulla origine autentica del ramen, riconducibile alla cultura cantonese dei noodles. Più incerta invece l’etimologia, anche se la teoria più accreditata vuole che il termine derivi dalla pronuncia giapponese della parola “la mian”, che significa letteralmente tagliatelle tirate a mano. Il segreto della ricetta non sono però le tagliatelle di frumento (che possono essere indifferentemente grosse o sottili, dritte o ricce e si distinguono dai soba, spaghetti fatti di grano saraceno) ma il brodo. Gli ingredienti principali sono quattro: farina di frumento, sale, acqua e kansui che è un tipo di acqua minerale alcalina che rende le tagliatelle sode e di una tonalità virata al giallo. Per questo è consentito usare talvolta uova al posto del kansui.

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Le tagliatelle vengono immerse in un brodo ristretto (il tipico dashi di pesce e/o di pollo o maiale) con una varietà di ingredienti: kombu (un’alga marina), funghi shitake, cipolle, fettine di maiale arrosto, kamaboko (surimi e pesce azzurro frullati) e chi più ne ha più ne metta. Secondo la tradizione i ramen vengono suddivisi in quattro varianti fondamentali in base al tipo di brodo: shio (brodo chiaro e salato), shòyu (scuro, a base di pollo e vegetali), tonkotsu (bollito di ossa di maiale, denso e sapido) e miso (ricavato dai semi di soia gialla). Ma esistono pressoché infinite variazioni sul tema, tra cui quella ricercata di Sapporo, che sposa carne trita di maiale cotta a bassa temperatura a alghe e frutti di mare. Ciò che fa la differenza per un buon ramen resta comunque la perfetta amalgama degli ingredienti, in grado di rendere un sapore gustoso ma leggero, e la perfetta cottura della pasta.

sottopoatto A Roma ultimamente si è assistito ad un vero boom del ramen, tanto che diventa difficile tenere il conto dei locali convertiti a questa squisita zuppa che l’hanno inserita in carta accanto alle loro specialità classiche. Tra questi al quartiere Ostiense meritano la segnalazione Sushisen e Sakana Sushi mentre il primo ramen bar capitolino, in ordine di tempo, sempre all’Ostiense, è stato Akira, seguito a poca distanza da Mama-Ya. Al centro è di questi giorni l’apertura di Kisaki, costola del prestigioso ristorante giapponese Taki che ha voluto aprire a due passi da Montecitorio un angolo gourmet interamente dedicato alla delizia del ramen, da gustarsi, rigorosamente, nelle caratteristiche ciotole fumanti e con immancabile risucchio di apprezzamento come esige il galateo nipponico.

Sushisen – Via G. Giulietti, 21a. Tel 065756945 www.sushisen.it

Sakana Sushi – Via del Gazometro, 54. Tel 065744958

Akira – Via Ostiense, 73f. Tel 0689344773 www.ramenbarakira.com

Mama-ya – Via Ostiense, 166a. Tel 3938123386

Kisaki – Piazza Capranica, 75. Tel 066785838