A nulla sono serviti gli appelli di tutte le associazioni a protezione dell’ambiente, né tantomeno la vip-protesta che ha visto molte personalità americane, fra cui Sting, Charlize Theron e Sienna Miller, schierarsi apertamente contro quei ristoranti, come l’americanissimo Nobu di De Niro, che ancora fanno uso delle rare e preziose carni azzurre del Thunnus thynnus, questo il nome scientifico del tonno rosso.

Alla 15esima Conferenza delle Parti della CITES (la Convenzione Internazionale sul Commercio delle Specie in Pericolo) a Doha, in Qatar, su 129 Paesi 72 hanno votato contro la proibizione del commercio, 43 hanno votato a favore e 14 si sono astenuti. Il Bluefin, ad altissimo valore commerciale, non è stato, quindi, inserito nella speciale lista degli “animali e delle piante” che ogni anno la CITES stila per tutelare le specie a rischio di estinzione e regolamentarne, conseguentemente, la caccia. Contrariamente a quanto ci si aspettava alla vigilia della Conferenza, nessun bando quindi per la cattura del tonno rosso su scala industriale, come invece auspicavano i governi dei Paesi Europei, Italia in testa.

Il pesce Bluefin, richiestissimo dai giapponesi per la preparazione di sushi e sashimi (il Giappone acquista circa l’80% del tonno mediterraneo) ha ormai raggiunto la cifra record di 525 euro al chilo; alla prima prima asta del 2010 dal mercato del pesce di Tokyo, un maxi-tonno rosso da 232,6 chili è stato venduto a 16,28 milioni di yen (120mila euro). Vincitori: il titolare nipponico di un famoso ristorante di sushi a Ginza, quartiere fashion di Tokyo, e un manager cinese a capo di una catena di sushi a Hong Kong. Ma il rialzo forsennato del prezzo della cosiddetta “tagliata di mare”, per i “fanatici” gourmet non rappresenta certo un deterrente al suo consumo. Resta, quindi aperta la soluzione al problema della sua pesca totalmente incontrollata nei mari europei e statunitensi, una delle cause che, a detta degli scienziati, ha portato ormai alle soglie dell’estinzione questa specie marina.

Eppure la Commissione europea, riunitasi precedentemente, aveva proposto che l’Ue “Si adoperi affinché, entro il prossimo anno, venga istituito ed entri in vigore un divieto del commercio internazionale di tonno rosso dell’Atlantico”, ma la Conferenza di Doha, lo scorso marzo, ha deciso diversamente, non preoccupandosi, almeno per ora, di preservare il capitale naturale di questa meraviglia dei mari, nonostante il fondato rischio che il tonno rosso dell’Atlantico scompaia definitivamente.

Ma, là dove il debole intervento politico ha fallito, chiaramente agevolando i pressanti interessi commerciali internazionali, la coscienza civica può ancora dire la sua: WWF, Greenpeace, Lav, Legambiente e Marevivo fanno infatti appello a ristoranti, commercianti e consumatori in tutto il mondo perché smettano di vendere e consumare il tonno rosso. Ed una parte sempre più ampia del mercato globale del pesce (Carrefour Europa, CoopItalia) sta già scegliendo di non commercializzare il tonno rosso per dare agli stock ittici sovrasfruttati la possibilità di riprendersi.

A livello internazionale, solo il Principato di Monaco, primo firmatario della mozione presentata a Doha, ha definitivamente rinunciato del tutto all’utilizzo delle carni blu del Bluefin; lodevole iniziativa ma non può certo bastare: è un esempio purtroppo troppo poco incisivo nel contesto del mercato intercontinentale di questa specie così preziosa e ricercata.

Forse, però, un certo livello di sensibilizzazione esiste, e al memento “Mangiare è un gesto ecologico e politico” delle associazioni ambientaliste, una risposta dal mondo gastronomico è già inaspettatamente arrivata, visto che i celebri chef Moshi Moshi, Gordon Ramsey e Jamie Olivier, autentici guru gastronomici con schiere di proseliti, hanno tolto questa pregiata varietà dai loro menù.

E in Italia? Il nostro paese ha sottoscritto l’atto di impegno proposto dal 3 stelle Michelin Olivier Roellinger, in collaborazione con Seafood Watch, che ha abbracciato la scelta ecosostenibile di non servire più le carni di tonno rosso nei 475 ristoranti Relais et Chateaux presenti nei 56 Paesi in tutto il mondo, 40 solo in Italia.

Nella carta sottoscritta, gli chef si impegnano a bandire anche tutte le specie minacciate da attività di pesca non rispettose dei periodo di fermo per consentirne la riproduzione. “Finora – conclude Roellinger – abbiamo privilegiato i pesci che si conservavano meglio di altri; il nostro impegno adesso andrà per la riduzione della filiera che vede ora impiegare anche dieci giorni tra il giorno della pesca e quello in cui questo gustosa materia prima finisce sul piatto“.

Per qualche nome italiano basti pensare al Gualtiero Marchesi Ristorante di Albereta Erbusco (Brescia) , all’Enoteca Pinchiorri di Annie Feolde, a Le Calandre dei fratelli Alajmo, al Sorriso di LuisaValazza, al Da Caino di Valeria Piccini, al ristorante Arnolfo di Gaetano Trovato, a Il Pellicano di Antonio Guida, a La Certosa di Maggiano di Paolo LOpriore, Il Falconiere di Richard Titi, e tanti altri. Non resta che seguire il loro esempio, ed eliminare il tonno rosso dalla nostra dieta…

TONNO MADE IN PUGLIA

Dalla nostrana Puglia arriva un’alternativa eco-sostenibile alla progressiva ed inarrestabile morìa del tonno rosso. Come molti altri animali, anche il tonno rosso ha difficoltà a riprodursi in cattività, per via dello stress procurato dalla cattura e per l’habitat estremamente diverso da quello naturale. Dopo tre anni di studi, esperimenti ed analisi, arriva il primo successo: i tonni coinvolti hanno rilasciato circa 20 milioni di larve, salite a 50-60 milioni nella seconda stagione riproduttiva (l’estate scorsa). Far riprodurre questi pesci in allevamento era l’anello mancante per arrestarne l´estinzione e trasformare l’industria in una acquacoltura autosufficiente, come già oggi avviene per la spigola e l’orata. Questa strada, se percorsa per un intero ciclo produttivo, potrebbe essere, dunque, la soluzione dal punto di vista ambientale che, peraltro, porterebbe anche ad un nuovo business con
potenzialità ancora tutte da scoprire.

GREENPEACE VS LECLERC

Feroce polemica di Greepeace contro il gruppo Leclerc, accusato di fare pubblicità ingannevole con un annuncio a tutta pagina sui giornali dove asserisce che starebbe ritirando dalla vendita alcune specie marine minacciate, tra cui il tonno rosso, di cui si impegnerebbe a proporre solo gli esemplari provenienti dalla pesca artigianale, e quindi legalmente consentiti. Peccato che, poi, in una nota a piè di pagina, indicata con un asterisco e scritta in lettere minuscole si precisa : “excepté les 28 senneurs”, esattamente il numero di imbarcazioni industriali predatrici del tonno rosso del Mediterraneo. Stessa sorte per lo squalo siki, che però è da così tanto tempo minacciato da aver reso la sua pesca già vietata.

di Francesca Pizzuti
(pubblicato su Aroma di maggio/giugno 2010)