Superata una porticina anonima, si entra in una sala a cul de sac, con fitti tavolini apparecchiati semplicemente, dalle pareti tappezzate con ritagli di giornali, foto ed autografi: più rustico di così non si può. Leggendo il menù (rigorosamente scritto a mano su carta riciclata) si sente tutto il profumo di Roma a tavola: pasta e ceci, agnolotti al sugo, rigatoni con pajata, carciofi alla giudia, aliciotti con indivia, abbacchio a scottadito, trippa e coratella, torta con ricotta e visciole. Le sedute sono piuttosto scomode, i tavoli troppo ravvicinati, il servizio un po’ grezzo ma l’esperienza è prima di tutto “culturale”, di recupero del sano spirito conviviale delle vecchie osterie di un tempo. Chiuso: domenica, la sera aperto solo venerdì e sabato. Carte di credito: no