Impossibile non cedere alla morbidezza del suo colore rosso lucente, alla sua polpa tondeggiante tutta da mordere, che sprigiona un aroma ed una succulenza irresistibili… è la fragola di Nemi, il frutto tipico di questo piccolo paese dei Castelli Romani sopra l’omonimo lago, dove viene coltivato da tempi immemori.

Ma perché proprio a Nemi si coltivano le fragole? Il mito vuole che furono le lacrime di Venere miste al sangue del suo amato Adone, ucciso per gelosia da Marte, a trasformarsi in piccoli rossi cuori carnosi, diffondendo così il frutto nel Nemus Nemòris, il bosco sacro alla dea Diana, alle pendici dell’omonimo lago. In realtà, il merito spetta al microclima ideale e all’intuizione dei Romani che per primi introdussero nella zona questo frutto selvatico, importandolo dalle Alpi. Senza l’uso di prodotti fitofarmaceutici, ma con tanta pazienza e duro lavoro, è stato possibile “addomesticare” questa pianta spontanea, instaurando nella zona una coltura prolifera e redditizia.

L’attività che le gira attorno è faticosa, perché bisogna passare tra i filari almeno una volta a settimana per estirpare a mano le erbacce infestanti, proteggere i frutti in via di maturazione da uccelli e insetti e, infine, raccoglierli a mano uno ad uno, compito tradizionalmente consegnato alle donne, le cosidette “fragolare”. Proprio ad esse e al loro raccolto è dedicata l’annuale sagra che si tiene ogni anno nella prima domenica di giugno. Per l’occasione, le “fragolare” sfilano in corteo per il paese abbigliate con l’antico costume tradizionale: gonna rossa, bustino nero, camicetta bianca e mandrucella in testa. Evento clou della festa è poi l’allestimento di un’enorme coppa riempita di fragole, irrorate di dolcissimo spumante fragolino. In tutta la piazza del paese vengono distribuite le coppe di gelato alla crema con le fragoline e ovunque troneggiano banchetti con cestini e liquori a base di fragola.

La festa, conosciuta e attesa da tutta la provincia di Roma, costituisce un evento laico di grande importanza, che tutela e preserva un’usanza culturale molto cara agli abitanti di Nemi. La documentazione ufficiale di questa celebrazione è presente negli archivi comunali di Nemi in una delibera, datata al 1922, dei festeggiamenti e della distribuzione di fragole. Ma una testimonianza ancora più antica sarebbe presente in un’incisione di Bartolomeo Pinelli del 1822, in cui è raffigurato Il trionfo delle fragole alla Rotonda di Roma, al Pantheon, che ricondurrebbe quindi all’Urbe l’esistenza di una festa delle fragole, celebrata il 13 di giugno. Soppressa da quando il Papa si rinchiuse in lutto in Vaticano dopo l’arrivo dei Savoia nel 1870, la festa venne quindi probabilmente spostata a Nemi, luogo di produzione stessa delle fragole.

Oggi la sagra, che richiama sempre un gran numero di turisti, si accompagna a spettacoli pirotecnici e soprattutto alla celebrazione di un’altra coltivazione locale, i fiori, che vengono messi in mostra in composizioni ed addobbi per tutte le vie della cittadina.

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Il frutto. La fragola (Fragraria vesca) è una pianta orticola perenne, caratterizzata da foglie trifogliate, lungamente picciolate, tutte basali, costituite da foglioline obovate. I fiori sono sorretti da fusti privi di foglie e sviluppano un ricettacolo naturale che diventa rosso e carnoso tra maggio e luglio, sul quale sono distribuiti i veri frutti della pianta, piccoli e scuri, comunemente scambiati per semi. La pianta possiede in generale qualità aperitive, diuretiche, toniche, lassative e dietetiche, poiché il frutto contiene abbondanti elementi nutritivi ma poche calorie. I frutti leniscono i dolori reumatici e sciatici; il rizoma ha qualità astringenti, calmanti, depurative, mentre le foglie sono antidiarroiche, antiemorragiche, cicatrizzanti e astringenti cutanei. Ancora in fase sperimentale, lo studio sulla possibilità che la presenza di acido ellagico la renda anticancerogena.

La fragola è originaria delle Alpi, dove cresceva allo stato selvatico, e furono proprio i Romani a trapiantarla nel Lazio, dandole il nome di Fragrans, in omaggio al suo intenso profumo. Fino al XVII secolo, in Europa venivano coltivate piante di specie selvatiche autoctone (Fragaria vesca, F. viridis, F. moschata) e altre introdotte dall’America del Nord (F. virginiano). Oggi, quasi tutte le cultivar diffuse derivano da un ibrido, Fragaria ananassa, creata da una varietà cilena.

di Flavia Rendina
(pubblicato su Aroma di maggio/giugno 2011)